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Ferito a morte - Raffaele La Capria - copertina
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Ferito a morte

Descrizione


Vincitore premio Strega 1961

«Testimonianza vibrante di quegli irripetibili anni Cinquanta napoletani e italiani - teneri e sfacciati, avviticchiati e svaniti come i giri di un cavatappi - e fedelissima alle loro sfumature più dolorosamente superficiali ed effimere, Ferito a morte è anche un classico. È un libro straordinario, che fonde perfettamente natura e storia, coerenza strutturale della costruzione narrativa e impalpabile poesia del fluire della vita, percezione sensibile e critica politica, l'istante atemporale dell'epifania esistenziale e la storicità (entrambi incarnati in una Napoli mitica e reale), pessimismo e felicità, compresenti nel cuore come nella seduzione del mare, fisicità immediata e riflessione.» Claudio Magris
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Dettagli

2
2016
Tascabile
238 p.
9788804670261

Valutazioni e recensioni

4,29/5
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C. Matar
Recensioni: 4/5

Quando nel 1961 uscì questo libro, fra le pose e gli atteggiamenti intellettualoidi dell’epoca era di moda esprimersi per il tramite d’un parlato malinconico, d’uno sguardo nostalgico, una cadenza ostinatamente riflessiva, con tanto di languidi sfumature di delusione da addebitare al sopraggiungere di chi sa quale forma di savia maturità. Esistenzialismo; nient’altro che una moda. E ci è stato propinato per tanti di quegli anni che, se non fossero giunti fenomeni come i Beatles a darci una scossa (almeno una speranza di lievità un poco più gioiosa), a quest’ora avremmo corso il rischio di continuare a sentirci tutti, ancora, maldestramente frustrati. La Capria, forse maldestro pure lui, con questo suo testo esistenzialista riuscì però a dare una variante brillante al genere, esibendo la sinusoide della dolce vita che in un bel mondo, quello d’un certo chic napoletano, riportava a piaceri d’altri tempi; collocando la storia qui narrata tra la fine degli anni 30 e la fine degli anni 50, ovvero nel pieno trapasso che va dal buio alla luce di quei tempi. Il protagonista è e rimarrà smarrito di fronte al trasecolare d’una civiltà (una società) che sembra abbandonarsi ad un sempre più opprimente senso del vacuo. Le sue delusioni, i suoi dispiaceri, le sue insicurezze, non si risolvono, non si riescono mai a superare. Laddove il ricordo dell’adolescenza spensierata non può fare a meno di riportarlo agli amori d’una vita che, alla fine, sembra essere come sprecata. Basta non affogare nel sogno “marino” del primo capitolo per comprenderne e goderne tutta la geniale profondità umana. C. Matar

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TJ
Recensioni: 4/5

Letto su consiglio di un amico, che lo considera uno dei capolavori della letteratura italiana del novecento, devo dire che non sono riuscito ad entusiasmarmi come credevo. Sarà che, come Massimo alla fine del libro, non sono più un ragazzino e i libri non mi fanno più l'effetto di quando ero adolescente. Forse proprio per questo ho apprezzato maggiormente la seconda metà, quando il protagonista ricorda la perduta gioventù con amarezza e disincanto. La padronanza della prosa da parte dello scrittore è, comunque, incontestabile. Un libro che richiede attenzione, meglio se letto in un solo giorno, perché la narrazione non segue un filo unitario e lo si perde facilmente interrompendo l'attenzione.

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mar
Recensioni: 4/5

Un libro lirico, musicale, astratto. Una malinconia corteggiata, l'ossessione per un'Occasione Perduta, la speranza che si riproponga. Il tutto con uno stile che va dall'aulico al popolare, ricco di flashback e anticipazioni, cambi di prospettiva ed un uso esteso del discorso indiretto libero. Un libro che richiede il massimo dell'attenzione altrimenti si rischia di perdere dei dettagli, di non cogliere la dinamica di alcune scene, cosa che mi è capitata, e che mi fa desiderare di rileggerlo daccapo

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Raffaele La Capria

1922, Napoli

"La parte biografica e indispensabile, e richiesta. Benissimo, allora diciamo: Nato a Napoli nel 1922. E poi? Poi niente. Quando mai a uno scrittore italiano capitano nella vita cose ed eventi memorabili, da raccontare? lo non sono stato cercatore d'oro in Alaska come London, non ho dato la caccia alle balene come Melville, non ho attraversato un tifone con un veliero come Conrad, non ho venduto armi a un ras abissino come Rimbaud, non ho percorso a piedi la Patagonia o l'Australia come Chatwin... E allora? Cosa diciamo? Diciamo che gli scrittori italiani sono quasi tutti sedentari e casalinghi, e lo restano anche se viaggiano occasionalmente qua e la.E così sono stato io. Nient'altro da aggiungere? Possibile che nella tua vita non ci sia proprio niente? Beh, ci sono tante cose, gli...

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