Come un piede dal fondo del letto, la personalità e le idee di Szczygieł congelate nelle opere precedenti sbucano improvvise lungo le pagine dell'ultima sua opera tradotta in italiano. A forza di osservare i cechi, suo popolo d'adozione, l'autore non approfondisce soltanto la conoscenza dei propri compatrioti polacchi, ma per la prima volta suggerisce pure dove vadano le sue simpatie. L'occasione, come già in Gottland (2009, European Book Prize) e Reality (2011), è una collezione di medaglioni di gente comune e artisti della Repubblica Ceca immortalati nella loro quotidianità; l'esito è un ritratto straordinario di due popoli così vicini eppure così lontani nel cuore dell'Europa, nonché un primo passo nella personalità di chi ce li sta rendendo tanto familiari. Un motivo per cui Szczygieł mostra di amare tanto i cechi è il loro talento innato per l'ironia e l'umorismo. Basti pensare al modo in cui essi commemorano gli attentatori del gerarca nazista Reinhard Heydrich: "Di fronte alla chiesa di Cirillo e Metodio, a pochi metri dalla finestrella della morte, si trova una piacevole osteria che in loro onore si chiama Ai paracadutisti. E questo le sembra poco?", domanda un taxista al narratore esterrefatto; o alle modalità con cui contestarono il regime: organizzando corse (corsa lungo il Viale dei prigionieri politici per la liberazione dei prigionieri politici), escursioni in barca (con il motto: "Ai remi ci siete sempre voi, ma oggi ai remi ci siamo noi"). In Polonia tutto risulta più pesante all'autore, schiacciato dal rispetto per la religione e le tradizioni: "I cechi sono grandi individualisti. Contrariamente, per esempio, ai polacchi, che hanno un forte spirito gregario, e sono schiavi delle usanze e della tradizione. Non basterebbero tutti i soldi del mondo a riscattare il polacco dalla sua condizione di schiavo". Lo scarto tra i due popoli aumenta ulteriormente avvicinandosi alla sfera religiosa. Alla devozione dei polacchi, a quella che talvolta è soltanto una posa votiva, risponde la concretezza dei cechi: "Cerco di essere buona, perché mi conviene"; così come alla cultura necrofila degli uni ("La morte nobilita l'uomo. Per lunghi periodi, nella storia polacca non si è fatto che combattere per l'indipendenza e morire per la patria") risponde, ancora una volta, il sorriso degli altri: "Non conosco niente di più divertente che ridersela della morte", afferma il cantautore ceco Jaromír Nohavica. È lampante, insomma, da che parte penda la bilancia delle simpatie di Szczygieł: pende anzitutto verso Jára Cimrman, genio nazionale ceco malgrado non sia mai esistito. Una figura d'invenzione che può vantare teatri a suo nome, edizione complete delle proprie opere, raccolte di volumi esclusivi con documenti autografi e appunti ritrovati nel corso degli anni. Nel 2005, nell'ambito di un concorso televisivo per eleggere "il più grande ceco di tutti i tempi", Cimrman dovette essere escluso di forza per impedirgli il trionfo. E alla domanda come si possa credere in qualcuno che non esiste, i cechi risponderanno: "Ma è esattamente quello che fate nella vostra Polonia cattolica, non le pare?". Alessandro Ajres
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