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Eleonora Duse capocomica - Francesca Simoncini - copertina
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Descrizione


L'attività di Eleonora Duse come capocomica è stata fino a ora solo frammentariamente illuminata dalla storiografia a lei dedicata. L'attrice visse invece interamente immersa nel sistema produttivo e organizzativo del teatro del suo tempo, assumendo l'onere, direttivo ed economico, delle compagnie a lei intitolate. Un aspetto del suo modo di essere donna e di essere artista che il suo straordinario talento e il suo seduttivo fascino scenico hanno a lungo oscurato, impedendo di far emergere la sua altrettanto elevata capacità di esercitare l'ordinaria prassi del mestiere. Eppure Eleonora Duse svolse senza esitazioni le funzioni che spettavano al suo ruolo di gestione della ditta capocomicale, formando e guidando compagnie, pianificando numerose tournées estere, dirigendo gli attori nelle prove, assumendo funzioni di dramaturg, tentando audaci e dispendiose sperimentazioni e, infine, divenendo un'inflessibile e consapevole donna manager disposta, a differenza di molti imprenditori odierni, a correre personalmente il rischio di impresa.
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Dettagli

2011
1 gennaio 2011
246 p., Brossura
9788860874184

Voce della critica

Esito di accurata ricerca e di lungo studio, il recente volume attraversa il lavoro dell'attrice "divina" con lo scopo di recuperarne il lato imprenditoriale, la sagacia organizzativa, insomma, il talento per il business, indispensabile dote del "grande attore" dell'Ottocento. Eleonora Duse capocomica può essere intercettato dalla storiografia come legge del contrappasso e contraltare al profluvio di libri aneddotici, memorialistici, quasi apologetici che seguirono negli anni immediatamente successivi alla scomparsa di Eleonora Duse e di cui, tutto sommato, anche le biografie fanno parte, dato il loro carattere celebrativo non privo di voyeurismo. Esclusa recisamente l'intimità ed estromesso l'aspetto di ipnotizzante emozionalità che tanto impressionava insieme spettatori e colleghi d'arte, Francesca Simoncini ha voluto tagliare i ponti con molte questioni poco documentabili, diciamo non archiviabili, perché effimere, sottostanti agli umori interpretativi degli studiosi, legate a circostanze e metodi fallaci, in una parola, soggettive. Operazione di non facile esecuzione, ma, certo, meritoria proprio per l'ardimento della posta in gioco: la garanzia di una corretta e oggettiva valutazione dei fatti, sostenuta dall'impegno a restituire la materia "di cui son fatti i sogni".
La capocomica è dunque l'oggetto del volume, non la leggendaria attrice, dal momento che, come scrive l'autrice nella premessa, "senza l'abile e tenace capocomica non sarebbe esistita neppure la grande e celebrata attrice". I tre capitoli Le compagnie rapite, Le prove e gli attori, Tournée, agenti, impresari e una corposa sezione finale di corrispondenza (che la studiosa data) costituiscono l'ossatura del saggio, che si muove inizialmente con un approccio cronologico (da Cesare Rossi a Luigi Rasi, senza dimenticare il marito Tebaldo Checchi, fino alla cruciale esperienza dannunziana) e prosegue poi, nel terzo capitolo, con una riflessione sulle strategie organizzative e del repertorio (il mondo degli agenti, degli impresari, dei pubblici stranieri). Le "compagnie rapite" del titolo erano, una, quella diretta dal capocomico Cesare Rossi, di buona pasta e con poco senso dell'avventura, affermato come attore caratterista e di stanza al teatro Carignano di Torino e, la seconda, quella formata da Luigi Rasi, direttore della Regia Scuola di Recitazione di Firenze, con cui sperava di lanciare la giovane prima donna Teresa Franchini.
Francesca Simoncini conduce il lettore, grazie a opportune citazioni di documenti noti e meno noti, a comprendere il piglio risoluto di Eleonora Duse nella conduzione degli attori e nella vera e propria negoziazione affaristica e artistica, il cui primato non accettò di condividere, nelle occasioni in cui "trapelò", cioè fece sue per contratto, le due compagnie. Anche nel terzo capitolo la Duse che emerge è una donna d'affari alacre, intuitiva, risoluta, indomita e in grado di programmare lunghe tournée internazionali, valutando le capacità non solo dei propri scritturati, ma anche la formazione e le conoscenze degli agenti e degli impresari, nonché le aspettative e la cultura del pubblico straniero. Qui interviene un riserbo forse eccessivo da parte di Simoncini nell'analizzare le scelte del repertorio dusiano: certo, nessuno può mettere le mani sul fuoco sul perché del persistere o dello scomparire di taluni testi, di autori francesi o italiani o tedeschi, ad esempio dell'eliminazione da un certo punto in poi di Casa di bambola di Ibsen o del lungo perdurare della Moglie di Claudio di Dumas fils, ma l'estensione della ricerca consentiva considerazioni meno moderate sul palinsesto scenico dell'attrice.
Dove si palesa maggiormente l'acribia analitica è nella sezione dedicata al metodo delle prove di Eleonora Duse: Simoncini smonta in maniera definitiva un mito (tutto in negativo) che ha circolato per molto tempo, a partire da Silvio d'Amico, circa la svogliatezza, la mancanza di disciplina, dunque "l'improvvisazione", il comportamento irrimediabilmente guittesco, da figlia d'arte geniale e incontrollabile, che avrebbe connotato proprio lei, Eleonora Duse. Invece ci vengono dimostrati rigore, programmazione, calcolo, suddivisione, calendari e orari, dovere e studio nelle prove degli spettacoli oltre che negli spettacoli stessi, in vista di un effetto scenico complessivo di cui solo l'attrice possedeva la chiave, mai rivelata nemmeno ai suoi attori più stretti, perché, questo è il punto nevralgico, dovevano venire sorpresi durante la rappresentazione.
Conclude il saggio la trascrizione, sempre difficoltosa e dunque per forza imparziale, delle lettere spesso non datate dell'attrice a Luigi Rasi e a Ettore Mazzanti (suo fidato amministratore), nonché fra i due, che aggiunge un altro tassello alla fruibilità dei molti documenti dusiani finora solo parzialmente pubblicati. Paola Bertolone  

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