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E' il titolo di una breve raccolta di tradizioni, non soltanto alimentari, degli ebrei romani. L'autrice, che si vanta "romana de Roma" da almeno sette generazioni, ci tiene infatti a sottolineare la superfluità di recarsi a scovare le più sfiziose pietanze ebraiche in quel che resta dellla mitica cultura dell'Europa orientale, trasfigurata dal viaggio di andata e ritorno oltreoceano, e rivaluta piuttosto le tradizioni alimentari locali. In breve: carciofi alla giudia e pizzarelle col miele contro Gefillte Fisch che è chiamato anche carpa farcita , anche se a volte è preparato con altri pesci nobili come il luccio per esempio. Si tratta di un piatto emblematico della cucina ashkenazita. Meglio piatti di tradizione ebraico romana dunque, "annaffiati da un buon Chianti e conditi con sano olio d'oliva". Tuttavia la ragione profonda di questa "aneddotica culinaria"- così la definisce - non si esaurisce nella rivendicazione della bontà delle tradizioni locali, è piuttosto da ricercare nel desiderio di serbarne il ricordo e tramandarlo alle generazioni future. " Non credo molto nella capacità e nella possibilità di trasmettere cultura se non attraverso cose concrete: non concetti ma atti, cose che si toccano e si mangiano". Chi pensasse, date le premesse, di leggere un libro composto da attente descrizioni di ricette, in ossequio alle rigide regole alimentari che scandiscono i pasti degli ebrei, resterebbe male. Del resto, se così fosse, la lettura risulterebbe noiosa e il libro una sorta di manuale: ricette, dosaggi, procedure d'esecuzione, tempi di cottura. L'autrice invece racconta con un atteggiamento partecipe: parla di sé,della nonna,delle amiche e descrive l'atmosfera che dà un senso del tutto speciale al gusto di un buon cibo. Ella divertendosi fà divertire il lettore, favorita dalla capacità di utilizzare una scrittura leggera, arguta e piena di brio, un linguaggio quotidiano e al contempo raffinato ove coesistono senza attrito tradizioni midrashiche-bibliche.
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