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Giovanni Ansaldo è un personaggio che lascia un po' perplessi. In vita aveva addebitato all'ex presidente una colpevole inerzia nei confronti della dittatura mussoliniana salvo poi incensarlo solo perché, avendolo conosciuto personalmente, dice di essere riuscito a comprenderne la levatura morale. Nonostante tale ambiguità e la notoria compromissione di Ansaldo col fascismo (per la serie: da che pulpito vien la predica), questa breve raccolta di scritti è comunque degna d'interesse per l'attenzione che dedica all'insigne figura di Enrico De Nicola.
Libro scabroso per ben due motivi, questo Don Enrico, pubblicato da Le Lettere nella collana Il salotto di Clio e curato dal Prof. Francesco Perfetti. Innanzitutto l'autore è Giovanni Ansaldo, un giornalista e scrittore che noi italiani abbiamo troppo presto dimenticato, forse vergognandoci un po' del fatto che sul di lui capo pesava e pesa tuttora l'infamante etichetta di "giornalista di Ciano", eredità dei tempi in cui Ansaldo diresse Il Telegrafo di Livorno, allora di proprietà del Ministro e genero del Duce. Un grave errore, perché il giornalista ha sempre mostrato, nel suo lavoro, una notevole professionalità, ma anche perché di scrittori come lui, sui giornali di oggi, non se ne leggono più. Ne è prova schiacciante questo libro, che mescola sapientemente (e qui il merito va al Professor Perfetti) diari privati, anche inediti, e articoli apparsi su diverse testate, tutti tesi a delineare il suo rapporto con, nonché la personalità, pubblica e privata, di Enrico De Nicola. E qui siamo al secondo motivo di scabrosità: il giurista napoletano è un altro degli "illustri rimossi" della nostra storia contemporanea. Lo si ricorda per essere stato il primo Presidente della Repubblica, ma dopo questa breve nota solitamente segue un imbarazzato, e speriamo colpevole, silenzio. Silenzio che questo libro ha il merito di interrompere, restituendoci una figura complessa, certo, ma di una statura morale come non se ne incontrano più, neanche ai vertici delle istituzioni. Un libro che merita davvero di essere letto, e meditato, soprattutto in tempi come i nostri. Sarebbe inorridito, l'avvocato napoletano, nel vedere a quale livello è arrivato lo "sbracamento" e la sciatteria degli italiani: ha combattuto il malcostume per tutta la vita, vedendo in esso il preludio di una ben più grave deriva morale. E in questa battaglia trovò il sostegno di Giovanni Ansaldo. Erano uomini d'altri tempi già ai loro tempi, questi due signori. A incontrarli oggi, ci apparirebbero come due alieni.
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