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«Il dolore necessario, così lo chiamano. Come se soffrire fosse propedeutico a una qualche forma di elevazione. Conosco persone a bagno nel dolore che non hanno raggiunto alcuna vetta di sensibilità o conoscenza. Io del dolore ne avrei fatto a meno. Anche se è lui che ha raschiato ben bene il fondo e questo mi piace.»
«È un'opera scritta per il teatro, ma si legge come un romanzo. Il protagonista è il tempo, quello che non si vede. Perché la cosa veramente importante, è ciò che si consuma fuori scena, quei lunghi otto anni che la protagonista ha trascorso lontano dalla famiglia» - Katia Ippaso, Il Venerdì
A un certo punto della sua vita una ragazza se ne va. Forse parte, forse non parte. Ma il senso è lo stesso, abbandona il luogo in cui la sua vita è cominciata. Lo abbandona, beninteso, senza lasciarlo mai, le origini sono quelle, non se ne scappa, di dosso non si levano. È però compiuto l’essenziale, il distacco, l’assunzione di un punto di vista dal quale guardarsi le spalle. Il dolore di prima è la storia di questo andare via, ovvero di questa presa di coscienza che si è cresciuti, che è arrivata la maturità e che la maturità coincide con la giovinezza: gli anni in cui si ha ancora la forza e il desiderio (soprattutto il desiderio) di farla finita con il dolore che ci ha accompagnati fino a quel punto. Si tratta di un momento forse breve, ma è un momento miracoloso, è costato una fatica sovrumana, congiunge la sofferenza e la liberazione dalla sofferenza.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
In linea con comprovati temi della narrativa contemporanea di successo non solo in libreria ma anche in televisione – il riferimento ad esempio alla Amica Geniale potrebbe essere per nulla casuale- il “dolore di prima” è una storia famigliare, una di quelle storie che sembrerebbe un sequel se solo esistessero ancora le famiglie di un tempo. In realtà, pur essendo una storia “quasi” di oggi questo testo rappresenta un archetipo di tutte le famiglie del nostro paese e, in particolar modo, del sud del nostro paese. Quel sud che ha dato tanto alla letteratura e che così tanto sta dando alla fiction. Il “dolore di prima” di Jo Lattari è dunque a suo modo un sempreverde
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