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Racconto breve contenuto nella raccolta intitolata "La sorte", edita ne 1891. Classico racconto tipicamente verista - nel pieno stile di De Roberto - con una trama semplice e lineare, che narra delle sfortune di una principessa siciliana di fine Ottocento che ha il vizio del gioco d'azzardo e per questo motivo, è perennemente circondata da parassiti e da truffatori che invece di farla distrarre e tenerla lontano, fanno invece di tutto per farla accomodare al tavolo da gioco. Federico De Roberto analizza bene i risvolti psicologici della principessa, compresa la decadenza e la debolezza e soprattutto scatta una fotografia nitida della società aristocratica del tempo.
Fine Ottocento. La principessa di Roccasciano è travolta dal vizio del gioco, da quello delle carte a quello del lotto. Se non gioca si ammala. "Non giocando più, davvero, per qualche giorno, cadeva ammalata". Si ristabilisce solo quando può stringere nelle mani un mazzo di carte, o può ritornare a sedersi al tavolo da gioco. Le porte del suo palazzo, ogni giorno più fatiscente, sono sempre aperte a tutte le ore del giorno e fino a tarda notte, al lume di candela, ai nobili, più o meno squattrinati, ai ricchi borghesi e al clero. Tutti parassiti, che spolpano la principessa sia con il gioco (il tavolo verde è onnipresente), sia scroccando lauti pranzi e villeggiature, nella casa di campagna della principessa. In tal modo essa sperpera la sua ricchezza e vende le sue proprietà. E' questo un mondo in declino, deresponsabilizzato: se le cose vanno male non sono imputabili alle scelte che l'individuo fa, bensì la rovina è dovuta alla fatalità, alla "disdetta", contro cui l'individuo non può fare nulla perché impotente. Tanto vale continuare a giocare, sperando che il destino volti pagina e sconfigga la disdetta.
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