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Il Dio che non è «Dio». Credere oggi rinunciando a ogni immagine del divino
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Il Dio che non è «Dio». Credere oggi rinunciando a ogni immagine del divino - Gilberto Squizzato - copertina
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Dio che non è «Dio». Credere oggi rinunciando a ogni immagine del divino

Descrizione


Che cosa pensiamo (a chi pensiamo) quando diciamo "Dio"? Può, il cristiano, farsi un'idea di Dio? Se l'uomo è stato creato "a immagine e somiglianza di Dio" chi lo autorizza a pensare a un Dio fatto, al contrario, a immagine e somiglianza dell'uomo? E ancora: quale segreto nasconde l'etimologia della parola Dio che usiamo con troppa disinvolta leggerezza? Non è forse giunto il tempo, per un cristianesimo adulto, di emanciparsi da ogni immagine infantile della divinità e di cominciare a riflettere sul fatto che anche questa parola è solo una metafora per dire qualcosa per cui non abbiamo parole migliori? Un lavoro di bonifica del linguaggio sul divino è quello che l'autore propone con questo libro non solo al credente, ma anche all'ateo, allo scettico, all'agnostico del XXI secolo per uscire da ogni idolatria e per scampare al pericolo di una liquidazione troppo sbrigativa del Mistero.
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Dettagli

2013
1 gennaio 2013
180 p.
9788860991898

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alida airaghi
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La ricerca teologica e spirituale di Squizzato si distanzia da ogni saccente accademismo, per definirsi invece come appassionante percorso (mosso da interrogazioni, dubbi e incertezze) finalizzato a una conquista personale della fede, in coerenza con il proprio vissuto, e nella concretezza della quotidianità. Suffragata dalle testimonianze degli scrittori più amati (Turoldo, Bonhöffer, Dostoevskij) la sua analisi si concentra sulle domande poste da chiunque non voglia rifugiarsi in un credo acquiescente, devozionale e immaturo. Con coraggio rifiuta molti dogmi della dottrina ecclesiale, e ancora più temerariamente affronta le perplessità in cui ci dibattiamo tutti. Perché il dolore degli innocenti, quindi; perché il male e il suo impunito dominio; perché la preghiera inascoltata e inesaudita; perché l’insanabile contraddizione tra religione e scienza. Ammettendo senza ipocrisia di rifiutare l’idea di un Dio che permetta e giustifichi la sofferenza umana (“preferisco essere ateo che affidarmi a un Dio che vuole sangue innocente per convertire e salvare i malvagi”), l’autore confessa di sentire inadeguato anche il concetto di creazione divina, ritenuto troppo semplicistico e falsificante rispetto alle conquiste della biologia e dell’astrofisica. Se tali teorie sono ormai tranquillamente ammesse e condivise da parte della teologia più evoluta, forse è un altro l’apporto originale che Squizzato fornisce alla speculazione attuale sul cristianesimo. Sulle orme di Bonhöffer esalta la dignità del soggetto umano che non deve vivere in uno stato di subalternità e dipendenza infantile al cospetto di una divinità invasiva e oppressiva, né crearsi immagini mistificatorie del divino e del sacro. La sua indagine si concentra sull’errore di attribuire alla divinità caratteri antropomorfi, come se Dio fosse stato creato a immagine dell’uomo, e non viceversa. Si tratta allora di liberare sia il linguaggio sia l’arte da scorie ideologiche calcificatesi nel tempo.

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Gilberto Squizzato

1949, Busto Arsizio

Inizia la sua carriera di giornalista dirigendo Foglio 5, un periodico del dissenso cattolico della provincia di Varese. nel frattempo si avvicina anche al mondo del cinema, come assistente di Mario Amendola, di José Luis Merino in Spagna, di Alberto Lattuada e di Carlo Lizzani, da lui considerato il suo maggior maestro. Nel frattempo frequenta la facoltà di lettere all'Università Statale di Milano e si laurea con una tesi sul surrealismo in Buñuel. Diventa consigliere comunale come indipendente nel Pci a Busto Arsizio e dal 1976 al 1979 insegna all'istituto tecnico di quelal città. Vince quindi un concorso pubblico e viene assunto in Rai dove lavora come giornalista per il tg regionale e nazionale, attività che gli vale alcuni premi...

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