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Tawfîq al-Hakîm
DIARIO DI UN PROCURATORE DI CAMPAGNA
ed. orig. 1937, a cura di Samuela Pagani,
pp. 231, EURO
Nottetempo, Roma 2005
"L'inchiesta si inoltrò per oscuri sentieri che non portavano da nessuna parte. Nessuno conosceva l'aggressore. Nessuno sospettava di nessuno. (...) Nessuno, infine, aveva mai sentito dire che il ferito avesse un solo nemico al mondo, o qualcuno che lo odiasse tanto da arrivare al delitto. Chi era stato allora a sparargli? Un diavolo sbucato apposta dall'inferno?".
Alle ore 20 dell'11 ottobre dell'anno ***, in un paesino del delta del Nilo, un colpo d'arma da fuoco, sparato da un campo di canne da zucchero, ferisce gravemente Qamar al-Dawla 'Alwân. A indagare è un procuratore distaccato dal Cairo alla cittadina capoluogo vicina al paesino. I dodici giorni dell'inchiesta sono raccontati dalle pagine del suo diario, un resoconto ironico e disilluso della vita nelle campagne egiziane degli anni trenta. All'inchiesta sul caso, infatti, si mescola il racconto dell'attività quotidiana del procuratore, il quale si destreggia con buon senso e spirito pratico nella burocrazia e nelle leggi dello stato moderno, che vorrebbero mettere ordine nella moltitudine dei casi umani della vita in campagna. Qui la vita è regolata da consuetudini e leggi non scritte, e non sempre l'idea di lecito e illecito coincide con quella venuta dalla capitale e dalle sue leggi, ispirate talvolta alle legislazioni europee. La campagna è un mondo a parte, sul quale il sistema moderno cerca di allungare la mano, e il diario del procuratore è una testimonianza di questa lotta sotterranea, giocata a colpi di denunce, reclami e contenziosi di ogni tipo, che discussi nell'aula del tribunale danno luogo a scene paradossali.
Come far capire a un contadino che lavare i panni nel canale è illecito? Non lo sa nemmeno il giudice che, alla domanda dell'uomo su quale fosse il posto giusto per fare il bucato, "non seppe cosa rispondere. Sapeva bene che nei villaggi di questa povera gente non ci sono lavatoi né tubature che li riforniscano d'acqua corrente. Si lascia che passino la vita come bestie, e poi si pretende che rispettino una legge all'ultima moda appena importata dall'estero", ma queste considerazioni non basteranno a risparmiare una multa al malcapitato.
Il Diario di un procuratore di campagna di Tawfîq al-Hakîm (Alessandria 1898 - Il Cairo 1987), pubblicato nel 1937 al Cairo, è un'opera che con la sua verve ha segnato la storia letteraria egiziana moderna, incidendo profondamente sul modo in cui la dimensione rurale era stata fino ad allora rappresentata. Fin dall'inizio del secolo, soprattutto con Zaynab , il romanzo di Muhammad Husayn Haykal pubblicato nel 1914, che prende il titolo dal nome della protagonista, il tema della vita nelle campagne era diventato un topos nel romanzo egiziano. La rappresentazione del rurale, tuttavia, era fortemente legata allo sguardo centrale dell'élite urbana e funzionale alla ricerca dell'"egizianità", tratto fondamentale della costruzione del discorso nazionalista. In Zaynab la narrazione manifesta una tendenza romanticheggiante, interrotta dai commenti di tono moralistico della voce narrante. In 'Awdat al-rûh (Il ritorno dello spirito, 1927) dello stesso al-Hakîm, la retorica nazionalista e antibritannica emerge con forza nel racconto del viaggio del protagonista, giovane studente al Cairo, nella proprietà fondiaria dei genitori in campagna, e del suo ritorno nella capitale durante i giorni della rivoluzione del 1919, scoppiata in seguito all'arresto di Sa'd Zaghlûl, leader nazionalista del Wafd, da parte delle autorità britanniche.
Dieci anni separano la pubblicazione di Il ritorno dello spirito da quella del Diario , e in questo arco di tempo, dal 1929 al 1934, al-Hakîm viene inviato come sostituto procuratore nella provincia egiziana. Nel testo non vi sono indicazioni che autorizzino ad affermare che i fatti narrati nel Diario siano stati vissuti dall'autore del romanzo. Tuttavia, risulta evidente che la vicinanza con l'ambiente rurale, l'esserne dentro, ha certamente avuto effetto sul modo in cui l'autore lo ricostruisce nel narrato: lo sguardo del procuratore, i suoi pensieri, l'ironia che emerge nella consapevolezza di essere parte in causa nella lotta tra rurale e urbano, tra tradizionale e moderno, tra i casi della vita e le necessità del sistema amministrativo e burocratico, sono privi di retorica. E così, anche il riferimento al potere britannico si slega dalle scene costruite in Il ritorno dello spirito . Se qui il tema dell'influenza politica ed economica di Francia e Gran Bretagna sull'Egitto è affrontato nella conversazione tra Monsieur Fouquet, archelogo, e Mister Black, ispettore all'irrigazione inglese, nel Diario , più prosasticamente, il procuratore indaga su un incidente "provocato da un chiodo di ferro collocato sui binari da mano ignota", come recita il dispaccio telefonico, che ha coinvolto un treno dalla Compagnia del Delta, di proprietà inglese.
I casi che il procuratore si trova ad affrontare non finiscono qui, e l'abilità dell'autore ce li restituisce in una sequenza di piccole e gustose scene che occhieggiano alla sua ricca produzione per il teatro. Tawfîq al-Hakîm, signore distinto e spiritoso della scena intellettuale egiziana moderna, che spesso compare nelle fotografie con baschetto e bastone da passeggio, è un artista che ha saputo attirarsi l'affetto del suo pubblico, e nella sua autobiografia Il fiore della vita (FrancoAngeli, 2001) anche il lettore italiano ne troverà ragione. La coraggiosa e azzeccata scelta della casa editrice Nottetempo di proporre il Diario di un procuratore di campagna contribuisce piacevolmente a completare quest'immagine, e, volgendo lo sguardo al passato recente della letteratura egiziana, aiuta a colmare un vuoto imbarazzante di traduzioni disponibili al grande pubblico di testi classici della modernità letteraria araba e egiziana.
Francesca Prevedello
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