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Courbet e l'origine del mondo. Storia di un quadro scandaloso - Thierry Savatier - copertina
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Courbet e l'origine del mondo. Storia di un quadro scandaloso - Thierry Savatier - copertina

Descrizione


L'ultimo proprietario del quadro fu lo psicoanalista Jacques Lacan. Ma Courbet l'aveva dipinto per un diplomatico arabo che animò la vita parigina del secondo Ottocento: lo teneva nascosto in bagno, coperto da una tenda verde e lo mostrava solo ai visitatori più intimi. Dopo la morte di Lacan il quadro è finito nelle collezioni pubbliche francesi e dal 1995 è esposto al Museo d'Orsay dove continua a far discutere i "benpensanti" che lo bollano come osceno. E intanto attrae fiumane di visitatori, come alla mostra parigina attualmente dedicata a Courbet, dove la tela, messa a confronto con le foto pomografiche dell'epoca, rivela la sua "diversità".
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Dettagli

2008
31 ottobre 2008
240 p.
9788876981531

Voce della critica

Il lavoro dello storico non è poi molto diverso da quello del giudice istruttore: si affida a testimonianze che tendono spesso a depistarlo, avanza congetture di cui non sempre trova sicure conferme. E questo è tanto più vero se, come nel caso di questo saggio minuzioso e coinvolgente, si tratta di inseguire le tracce lasciate da un quadro che per più di un secolo ha condotto un'esistenza clandestina, prima di approdare, negli anni novanta, nelle sale del Museo d'Orsay. Thierry Savatier, studioso della letteratura francese dell'Ottocento, compone questa microstoria, questa "biografia" del quadro forse più scabroso della storia dell'arte: il primo piano del sesso di una donna raffigurato con precisione quasi anatomica. Per l'effetto prospettico il ventre si offre allo spettatore; e il nudo, che non concede allo sguardo la possibilità di "rifugiarsi" su di un volto, sembra volutamente provocare quel che Jean Clair ha chiamato "l'erezione dell'occhio".
La storia di quest'opera scandalosa, che non ha veri precedenti nella storia dell'arte (anche se in fondo ne conferma la missione di rendere visibile l'invisibile), comincia nel 1866. Come in un romanzo di Balzac o di Zola, Savatier ci introduce nel salotto di Jeanne de Tourbey, che Maxime Du Camp, l'amico di Flaubert, diceva "l'amante di tutti". A uno dei suoi famosi ricevimenti, Sainte-Beuve (accademico eminente e amante dei pettegolezzi) parla di una tela che ha visto nello studio di Courbet, Venere e Psiche, una scena lesbica rifiutata dal Salon del '64. Ad ascoltarlo c'è il diplomatico turco Khalil-Bey, in visita a Parigi (forse per curarvi una sifilide), dove nel giro di tre anni disperde milioni di franchi in gioco, donne e opere d'arte. Courbet vende a Khalil-Bey Il sonno – due donne abbracciate su di un letto sfatto, reduci da giochi amorosi – e vi aggiunge una tela più piccola, quella Origine del mondo che il pittore chiamava "Le vase", cioè, nell'argot dell'epoca, il sesso femminile. E una delle ragioni del fascino del quadro sta forse anche nel titolo: il dato anatomico è trasvalutato a elemento di una cosmogonia, come nei miti delle culture matriarcali. Lacan si divertirà a costruire una falsa etimologia: "ori-gine", dal latino os, oris, cioè la bocca, l'apertura, e dal greco gunê, la donna, dunque l'apertura della donna.
Solo di congetture disponiamo su chi sia stata la modella del quadro; forse Jo, la rossa irlandese che era stata amante di Whistler, e di cui Courbet farà proprio nel '66 un famoso ritratto, forse la stessa Jeanne, o forse il dipinto riprende una delle centinaia di fotografie di nudi che il pittore conservava nel suo studio. Khalil-Bey appende L'origine del mondo nel suo bagno e lo fa coprire con una tendina verde; solo pochi visitatori sono chiamati a partecipare alla cerimonia dello "svelamento", e fra le poche testimonianze rimaste sorprende quella di Du Camp, che definisce l'opera oscena e il proprietario un erotomane. Quando Khalil-Bey torna a Costantinopoli, nel catalogo delle sue opere messe in vendita, redatto da Theophile Gautier, compaiono dipinti di Delacroix, di Corot, di Courbet, ma non L'origine del mondo, di cui diventa proprietario prima un mercante d'arte e poi il barone ebreo ungherese Ferenc Hatvany. Il quadro finisce di nuovo sulla parete di un bagno, nascosto sotto un'altra tela di Courbet, Il castello di Blonay. Si è a lungo creduto che l'opera fosse stata confiscata dai nazisti nel corso di uno dei tanti saccheggi compiuti in Ungheria, per diretto interessamento dello stesso Eichmann. Savatier ha però scoperto che il barone si era premurato di nascondere parte delle sue opere nei caveau di tre banche, sotto il nome di amici non ebrei. In realtà, furono le truppe sovietiche nel gennaio del '45 a depredare tutte le ricchezze conservate nelle banche di Pest; e sicuramente migliaia di opere prelevate nel corso della guerra sono ancora oggi conservate in luoghi segreti della nuova Russia.
La tela di Courbet è poi venduta a Jacques Lacan, che la terrà nello studio della sua casa di campagna. Forse fu la moglie Sylvia Bataille, protagonista in film di Renoir e di Carné, a chiedere al cognato André Masson di dipingere un pannello che coprisse il nudo di Courbet; le linee del paesaggio "surrealista" ne riprendevano i contorni, le colline richiamavano i seni e la vegetazione la peluria del pube. Tra gli ospiti che vedono il quadro (di cui circola una copia fatta da Magritte, e riprodotta in volumi sull'arte erotica) vi sono Picasso, Duras, Lévi-Strauss, Duchamp, forse Heidegger. Possiamo immaginare con quale piacere Lacan, cultore di un'estetica dello stupore, attendesse di cogliere le reazioni dello spettatore: tolto il pannello, spesso era il silenzio a imporsi, come se il raccoglimento estatico fosse l'unico modo per apprezzare quest'icona della modernità: del resto, ha scritto lo stesso Lacan, un'icona è un oggetto che ci guarda e risveglia l'appetito nell'occhio vorace. E forse pensava all'Origine del mondo nella conferenza sulla funzione del velo del '57: il sipario, diceva, è l'idolo dell'assenza, risveglia il desiderio di un al di là, che in realtà è un nulla, la mancanza che caratterizza la femmina.   Mario Porro

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