Un fantasma si aggira per le cucine del mondo: il mito della cucina mediatica, che sottintende lo spegnimento dei fornelli e l'accensione della televisione. Il cibo come sit-com o dibattito post-sgarbiano spopola nel mondo. Pollan argutamente sottolinea infatti che uno degli scopi del suo libro è cercare di "risolvere un singolare paradosso, che avevo notato guardando la televisione: come mai nel preciso momento storico in cui stavamo voltando le spalle alla cucina, mettendo la preparazione di gran parte dei nostri pasti nelle mani dell'industria alimentare noi americani abbiamo cominciato a passare cosi tanto tempo a pensare al cibo e a guardare altra gente che lo cucina in televisione?". I ventisette minuti in cucina al giorno degli americani sono meno di una puntata di un serial culinario, alla hell kitchen! In Italia la situazione è forse un poco migliore, anche per gli insegnamenti di SlowFood e l'impero delle Eatily e affini, ma certo il cibo "a chilometro zero" si deve scontrare con la miriade di programmi televisivi statunitensi, australiani, inglesi e le produzioni italiane, fra bimbi ammaestrati, cuochi sapienti, dame di carità, iperboli disgustose quanto certi piatti impiattati. Come ha ben scritto il "New York Times", nella lista dei libri da leggere almeno una volta nella vita, Il Dilemma dell'onnivoro di Pollan (cfr. "L'Indice" 2014, n. 10) è roba da top ten. In realtà, tutti i libri di questo scrittore elevato al rango di profeta del mangiar bene, sono letture imprescindibili. Il nuovo Cotto, Storia naturale della trasformazione, già allettante dal titolo, è stato un buon successo internazione. Il libro parla dei quattro metodi per trasformare il cibo crudo in alimenti nutrienti e commestibili: fuoco / grigliare, acqua / bollire, aria / panificare, terra / fermentare. Tra aneddoti personali, dati scientifici e percorsi storici, Pollan, grande affabulatore e grande reporter della contemporaneità, spiega come cucinare sia il principale collante dell'umanità, il solo modo per ridurre la dipendenza dalle grandi multinazionali del cibo. Certo non manca un poco di retorica (il sapore della lingua e quello sulla mano), ma è di quella "buona". Pollan, oltre a scrivere bene, è avventuroso: si cimenta in esperienze dirette e in tutte ci mette un poco di gargantuesca cucina estrema (vedi la parte prima, Fuoco, e le descrizioni dei "re del barbecue", i titanici pitmasters), mescolata con aneddoti, antropologia contemporanea, storia sociale. È interessante notare come Pollan sia realmente onnivoro anche sul piano delle citazioni e delle fonti di ispirazione. Il suo accenno alle teorie recenti sul ruolo del cibo e della sua preparazione nell'antropogenesi e nello sviluppo del cervello è molto aggiornato e stimolante, proponendo ad esempio le ipotesi del primatologo Richard Wrangham che, nel suo libro Catching Fire, ha ipotizzato che il successo evolutivo di homo sia legato alla capacità di cuocere il cibo. QQuesta tesi è stata riaffermata di recente da una brillante neurobiologa brasiliana, Suzana Herculano-Houzel, che ha valutato in 86 miliardi il numero di neuroni nel cervello dell'uomo e si è subito domandata: ma come possiamo "permettercene" tanti? La risposta data da Suzana Herculano-Houzel e da vari altri antropologi pone effettivamente l'accento sulla cottura del cibo. Homo erectus fu il primo dei nostri antenati a cuocere i cibi: questa pratica consentì di ricavare più calorie dalle sostanze consumate e di diminuire di conseguenza le ore dedicate alla ricerca del cibo. Come avrete capito, Cotto non è un libro di cucina, ma un'opera a tanti strati e tanti livelli, molto godibile. In qualche modo tuttavia, il nostro grande giornalista-esploratore cade anche lui nella trappola di proporre ricette, forse su spinta dell'editore o forse su spinta della vanità. Le quattro ricette, ad esempio Barbecue di spalla di maiale son gloriose avventure, che consiglierei con cautela ai quieti marcovaldi italiani. Le conclusioni di Pollan sono in realtà utili e significative: "Forse la cosa più importante che ho imparato tra i fornelli è che la cucina ci coinvolge in un'intera rete di relazioni sociali ed ecologiche: con le piante e gli animali, con il suolo, con gli agricoltori, con i microbi all'interno e all'esterno del nostro corpo e, naturalmente, con le persone che traggono nutrimento e piacere da ciò che cuciniamo. Più di qualsiasi altra cosa, quello che ho scoperto in cucina è che cucinare crea legami. La cucina di qualsiasi genere, quotidiana o estrema che sia ci colloca in una posizione molto speciale di confine, tra il mondo naturale da un lato e il mondo sociale dall'altro. Il cuoco sta esattamente fra natura e cultura, e guida un processo di traduzione e negoziato; dal suo lavoro, tanto la natura quanto la cultura emergono trasformate. E ho scoperto che, nel processo, si trasforma anche il cuoco". Insomma, lo zen e l'arte della cucina. Aldo Fasolo
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