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Anno edizione: 2012
Anno edizione: 2006
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Prezzo vantaggiosissimo per una dissertazione sul poetica e il pensiero filosofico leopardiano. Severino con la sua puntuale penna permette a Leopardi di farsi sentire e di essere rivalutato in tutta la sua profondità, scrollandosi di dosso l’etichetta di pessimista. Non é facile da leggere e merita la dovuta decantazione, ma conclude maestosamente quanto preannunciato nell’opera precedente: Il Nulla e la Poesia.
"Cosa aranca e stupenda" intende essere il proseguimento di "Il nulla e la poesia". E lo è perchè qui Severino realizza un dialogo più stringente con il filosofo-poeta Leopardi. Il punto di partenza è la distruzione dell'epistéme tradizionale dando sfogo all'ontologia del divenire. Tutto esce e ritorna nel nulla e l'essere in quanto essere non è altro che la sporgenza casuale dal nulla. Ciò comporta un rifiuto radicale del Cristianesimo ma un recupero della sua essenza nichilista inconscia. A mio avvviso la sezione XI resta il momento più capitale dell'opera, perché qui Severino spiega come Leopardi finalemente scorge il lato inconsio della fede nel divenire in cui consite la filosofia moderna, e perciò Leopardi si presenta da un lato come massimo filosofo-poeta perché in egli precore il fallimennto ineludibie della stessa stessa filosofia moderna e della stesso paradiso della tecnica che ne consegue. Ma dall'altro lato, in questo modo, Leopardi stesso rischia di far crollare il suo stesso sistema. Se la Fede nel divenire implica l'opposizione tra essere e nulla, è anche vero che questa sporgeza dell'essere dal nulla è essa stessa contraddittoria, inficiata dal nulla, è essa stessa nulla, sicché in questa Fede si afferma sia l'opposizione ma anche l'identità tra essere e nulla. Qui Leopardi raggunge il limite della possibilità filosofica del nichilismo occidentale: viene dissolta l'opposizione tra essere e nulla, con il conguente dissolvmento del divenire e dell'infelicità. Leopordi giungue sul punto estremo del nichilismo ma oltre non va, perchè oltre questo punto appare già da sempre il destino della verità dell'essere, vale a dire l'eterno apparire dell'eternità di ogni essere. Senza poi contare che la contraddizione prima presente nel sistema natura con l'irruzione della ragione è ormai estesa a tutta la natura a cui è essenziale il nulla. Le illusione che propagano dalla natura, orami vane, il genio le solleva in un canto libero e ardito.
Finalmente si ripubblica questo volume, edito la prima volta nel 1997 e ormai introvabile. Esso prosegue il discorso del "Nulla e la poesia" del 1990. Severino collega Leopardi alla grande filosofia greca e a Eschilo, come già attesta il titolo, un verso emblematico del Coro dei Morti di Federico Ruysch: "cosa arcana e stupenda". Le contraddizioni dell'essere e del nulla e la loro identificazione, che si annida nella profondità del pensiero occidentale trovano un'evidenza concettuale inedita, che nasce dalla lettura puntuale dei testi leopardiani, affrontati con una capacità di scavo assoluta. Il commento al "Coro dei morti" è forse il capolavoro del filosofo, che qui è anche eccellente letterato. L'opera dimostra che poesia e filosofia sono tutt'uno in Leopardi, vera sintesi definitiva della filosofia occidentale, che nasce da una frequentazione continua con i classici greci. Numerosi temi si intrecciano a quello di base, dal cristianesimo all'idea di ragione, dalle riflessioni politiche a quelle sociali. Severino offre così una lettura nuova, completa ed esaustiva dell'opera del massimo poeta dell'Ottocento italiano.
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