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Anno edizione: 2013
Anno edizione: 2020
Anno edizione: 2020
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La prima parte del libro riprende l' articolo scandaloso apparso su Libération, il resto è una intervista in cui l' autore dice tutto e il contrario di tutto. Prima si lagna della vacuità dell' arte moderna ma poi non ha nostalgia dei vecchi valori estetici; spara a zero sugli artisti contemporanei ma pontifica Warhol del quale peraltro spiega "lui non diceva mai niente perché non c' era niente da cavargli fuori" ... viva l' onestà. Ma il valore del pamphlet resta aver smascherato la commedia dell' arte.
Questa raccolta di saggi che Jean Baudrillard scrisse negli anni '90 ha catalizzato per più di un decennio l'interesse polemico e roventi discussioni tra critici, artisti e appassionati d'arte per il tono irrisorio e requisitorio con cui il sociologo francese metteva alla berlina la produzione pittorica del ventesimo secolo."Tutto il movimento della pittura ha rinunciato al futuro e si è volto al passato. Citazione, simulazione, riappropriazione...l'arte attuale si limita a riappropriarsi in modo più o meno ludico, o più o meno kitsch, di tutte le forme e le opere del passato, vicino o lontano, o addirittura già contemporaneo." Ecco la grande assente dal panorama artistico contemporaneo: l'illusione, e con essa l'incanto, l'immaginazione, il desiderio, l'enigma. Ogni tipo di espressione artistica sembra tesa al "metalinguaggio della banalità", a parlare e a straparlare di se stessa, snobbando il mondo e la realtà, svelando brutalmente ogni segreto, nell'idolatria dell'apparenza e dell'artificialità. "Oggi, tutte le cose vogliono manifestarsi. Gli oggetti tecnici, industriali, mediatici, gli artefatti di ogni specie vogliono significare, essere visti, essere letti, essere registrati, essere fotografati...Oggetti feticci, senza significato, senza valore, specchio del nostro radicale disincanto del mondo". Baudrillard osserva che a partire da Duchamp, per arrivare a Warhol e a Koons ci siamo tutti (artisti, critici, pubblico) resi complici di questa derealizzazione dell'arte, diventata oggetto di consumo prestigioso, come qualsiasi altro affare commerciale. A questo punto, l'arte diventa inutile, riciclata, non smuove più niente, se non gli interessi del mercato, finendo per produrre gadget estetici funzionali solo al kitsch universale: e "non sarà stata che una parentesi, una sorta di lusso effimero della specie".
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