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Anno edizione: 2020
Anno edizione: 2013
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Il titolo di questo pamphlet è significativo del pensiero critico del filosofo saggista francese Baudrillard: l’arte contemporanea non è più espressione di novità, di genialità, di ironia, al contrario essa è divenuta il metalinguaggio della banalità. In questo consiste il “complotto” dell’arte: la maggior parte dell’arte contemporanea si dedica ad appropriarsi della banalità, degli scarti, della mediocrità eleggendoli a valore e a ideologia. L’arte è affermazione di nullità, di più: essa mira alla nullità essendo già nulla, mira al nonsenso essendo già insignificante, aspira alla superficialità in termini superficiali. In un mondo votato all’indifferenza, l’arte non può che enfatizzare questa indifferenza. Si direbbe che Baudrillard non salvi nulla: l’arte è un bluff che costringe a dare importanza e credito a questa nullità e specula sul senso di colpa di quanti non capiscono niente, o non hanno capito che non c’era niente da capire. Si è perso ogni approccio di originalità, e l’arte contemporanea non fa che scimmiottare il passato. Ne è la prova la parabola di Andy Warhol: quando, negli anni sessanta, l’artista pop dipinge le sue Campbell’s Soups, con un colpo solo l’oggetto-merce, il segno-merce, viene ironicamente sacralizzato; Warhol affronta il concetto di originalità in modo originale. Ma quando, nel 1986, egli dipinge le Soup Boxes, non c’è più il lampo di genio bensì lo stereotipo. Ad ogni modo agli occhi di Baudrillard Warhol rimane l’ultimo grande “simulatore”, con in più una gran classe: dopo di lui, gli altri hanno “simulato”.
La prima parte del libro riprende l' articolo scandaloso apparso su Libération, il resto è una intervista in cui l' autore dice tutto e il contrario di tutto. Prima si lagna della vacuità dell' arte moderna ma poi non ha nostalgia dei vecchi valori estetici; spara a zero sugli artisti contemporanei ma pontifica Warhol del quale peraltro spiega "lui non diceva mai niente perché non c' era niente da cavargli fuori" ... viva l' onestà. Ma il valore del pamphlet resta aver smascherato la commedia dell' arte.
Questa raccolta di saggi che Jean Baudrillard scrisse negli anni '90 ha catalizzato per più di un decennio l'interesse polemico e roventi discussioni tra critici, artisti e appassionati d'arte per il tono irrisorio e requisitorio con cui il sociologo francese metteva alla berlina la produzione pittorica del ventesimo secolo."Tutto il movimento della pittura ha rinunciato al futuro e si è volto al passato. Citazione, simulazione, riappropriazione...l'arte attuale si limita a riappropriarsi in modo più o meno ludico, o più o meno kitsch, di tutte le forme e le opere del passato, vicino o lontano, o addirittura già contemporaneo." Ecco la grande assente dal panorama artistico contemporaneo: l'illusione, e con essa l'incanto, l'immaginazione, il desiderio, l'enigma. Ogni tipo di espressione artistica sembra tesa al "metalinguaggio della banalità", a parlare e a straparlare di se stessa, snobbando il mondo e la realtà, svelando brutalmente ogni segreto, nell'idolatria dell'apparenza e dell'artificialità. "Oggi, tutte le cose vogliono manifestarsi. Gli oggetti tecnici, industriali, mediatici, gli artefatti di ogni specie vogliono significare, essere visti, essere letti, essere registrati, essere fotografati...Oggetti feticci, senza significato, senza valore, specchio del nostro radicale disincanto del mondo". Baudrillard osserva che a partire da Duchamp, per arrivare a Warhol e a Koons ci siamo tutti (artisti, critici, pubblico) resi complici di questa derealizzazione dell'arte, diventata oggetto di consumo prestigioso, come qualsiasi altro affare commerciale. A questo punto, l'arte diventa inutile, riciclata, non smuove più niente, se non gli interessi del mercato, finendo per produrre gadget estetici funzionali solo al kitsch universale: e "non sarà stata che una parentesi, una sorta di lusso effimero della specie".
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