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Recensioni Come si diventa Michelangelo. Le peripezie di un presunto capolavoro

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«In tutta questa faccenda del crocifisso ci sono parecchie cose che non mi piacciono: il giro dei soldi, la retorica idiota da sindrome di Stendhal, le benedizioni dei vescovi, i panegirici degli assessori, gli immigrati musulmani accompagnati davanti alla Croce… Ma la cosa che mi piace di meno è che l’infantilismo, nelle opinioni e nelle parole, non sembra motivato dalla volontà di adeguarsi a un pubblico infantile: sembra del tutto spontaneo. E insomma è come se la distinzione veramente significativa non fosse più tanto quella tra destra e sinistra quanto quella tra bambini e adulti. Ed è come se oggi il potere fosse saldamente nelle mani dei bambini».

Nel dicembre del 2008 lo Stato italiano acquista da un antiquario torinese un crocifisso di legno, 40 centimetri per 40, attribuito a Michelangelo. Prezzo: tremilioni e duecentocinquantamila euro. Il ministro Bondi va al Tg1 ad annunciare l’acquisto e lo presenta come la prova di un’oculata, lungimirante politica di gestione dei «beni culturali» mirata a investire sui capolavori. Nel corso del 2009 il crocifisso parte per una lunga tournée nei musei e nelle chiese italiane, salutato dagli assessori e benedetto dai vescovi: Roma, Palermo, Trapani, Napoli, Milano.Ma nello stesso anno qualcuno comincia ad avere dei dubbi: secondo molti esperti il crocifisso non è di Michelangelo; e in ogni caso il prezzo non è un prezzo ragionevole: è troppo poco per un Michelangelo autentico, è troppo per un prodotto di bottega. I dubbi fanno presa. Una deputata presenta un’interrogazione parlamentare; la Corte dei conti apre un’inchiesta per danno all’erario; infine (dicembre 2009), i carabinieri entrano al ministero dei Beni culturali e sequestrano gli atti relativi all’acquisto del crocifisso, e la Procura della Repubblica di Roma apre un’indagine per truffa ai danni dello Stato. In questo libro,Claudio Giunta racconta pazientemente (e comicamente) i fatti, ma mostra anche che i fatti sono una metafora. Perché nella vicenda del «crocifisso ritrovato» s’incrociano e si sommano molti dei difetti e delle insufficienze italiane: una politica culturale degradata a propaganda; un giornalismo sciatto e superficiale; l’onnipresenza della Chiesa; il linguaggio assurdo degli storici dell’arte e, più di tutto, la malattia nazionale per eccellenza, la retorica: quel continuo maquillage della realtà che ci sta trasformando – secondo una formula celebre e ineccepibile – in bambini di nove anni, neanche tanto intelligenti.

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