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Anno edizione: 2011
Anno edizione: 2020
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C'è del marcio sull'Appennino bolognese: chi sono i cattivi che uccidono, incendiano, speculano? A risolvere tutto ci penserà un giovanissimo ispettore della forestale che manco il commissario Maigret. La forza del libro sta nell'ambientazione insolita, un paesino di montagna con i suoi personaggi sfasati, le sue abitudini, e soprattutto il silenzio dei boschi che lo circondano. La mia impressione è che Guccini abbia curato soprattutto l'ambientazione (dato che abita da decenni in un posto così), Macchiavelli i meccanismi del giallo, La prima parte è molto buona, alla lunga però mi sembra che diventi ripetitivo, i personaggi tendono a farsi macchiette, l'intreccio e la caratterizzazione dei personaggi assomigliano sempre più a quelli di una fiction all'italiana. Che ci abbiano fatto un pensierino? Comunque, una lettura sicuramente gradevole, che tra un delitto e una risata ci fa conoscere un territorio sconosciuto a gran parte degli italiani; sempre meglio di quei giallisti nostrani che vogliono fare gli americani. Se vi piace il genere, ma cercate qualcosa di più serio, consiglio "Fiori sopra l'inferno" di Ilaria Tuti, ambientato nei boschi friulani.
Cosa potrei dire? Direi favoloso,geniale e sobrio,già avrei detto tutto con questi pochi aggettivi.Ma mi divulgo un pochino sul contenuto,la storia non è alla fine intrigante e una normale vicenda i cui sfondi caratterizzanti che la rendono unica sono le descrizioni del Guccini e Macchiavelli,tutto è realistico attraverso la loro esposizione. Qualche esempio: Il bivaccare presso l'osteria di Benito io immaginavo i sapori e gli odori,le attività di ufficio svolte in caserma,le note di servizio gli ordini impartiti ai subalterni si viaggia in un realismo paradossale,tutto è meticolosamente descritto,dai boschi alle strade sterrate sembra di immedesimarti in esso. Ti colpisce oltre alla trama, la vita al contatto con la natura,consiglio vivissimo a chi vuole uscire fuori dalle consuetudini è la routine della normale lettura,per chi vuole qualcosa in più,per chi non vuole spegnere la luce e smettere di leggere. Aspetto con ansia,l'uscita di un prossimo libro,auguri agli autori.
Letto tutto d'un fiato, mi manca già il maresciallo Santovito, ma Poiana promette bene per il futuro..
Recensioni
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A tre anni di distanza dall’ultimo successo, torna la coppia formata da Francesco Guccini, cantautore nato Tra la via Emilia e il West, e Loriano Macchiavelli, creatore del personaggio letterario e televisivo di Sarti Antonio. Insieme, i due narratori, hanno dato vita a una delle serie più interessanti del poliziesco italiano, con protagonista il maresciallo ex-partigiano Benedetto Santovito. Oggi abbandonano le atmosfere del dopoguerra e la vitale Bologna del passato per Casedisopra, un paese di montagna stranamente simile alla Pavana di Guccini. Tra boschi insidiosi, osterie, vecchie abitudini paesane e nuove tendenze urbanistiche Guccini e Macchiavelli danno forma a un “noir appenninico” del tutto inedito in Italia, che condensa le tematiche della tutela del territorio e i luoghi gucciniani, con il classico plot poliziesco.
Anche la “forza dell’ordine” protagonista di questa storia è inedita: si tratta di Marco Gherardini, detto Poiana, ispettore della Guardia forestale. Poiana ha 28 anni e tra quelle montagne ci è nato e cresciuto. Per lui tenere in ordine il suo mondo è un imperativo morale ma anche un piacere. In estate bisogna tenere d’occhio i villeggianti che sempre più spesso lasciano la città per inoltrarsi nei castagneti; poi ci sono gli animali, i cinghiali, daini, caprioli che scorrazzano ovunque senza il minimo timore dell’uomo; poi naturalmente c’è il bracconaggio, contro cui la forestale conduce una vera e propria battaglia e poi ancora il controllo sulla raccolta dei funghi e la cura degli animali feriti. Insomma, nulla sfugge allo sguardo attento del Poiana, e neanche alle sue orecchie vigili…
Seduto al tavolino del bar, Marco ama ascoltare le storie della varia umanità montanara che vi soggiorna, magari bevendo un bicchiere di rosso. Come molti locali della montagna, la trattoria – bar “Da Benito” è un luogo in cui convivono pacificamente razze e culture diverse. Ci sono i fratelli tunisini Haled e Samir, una squadra di muratori del Sud, c’è Amdi, il cameriere marocchino e ci sono i paesani e i villeggianti, tutti potenziali o effettivi bracconieri. Da Benito ognuno ha da raccontare la sua storia, ma quella che ha tirato fuori Adùmas, il vecchio cacciatore, stavolta è davvero troppo grossa. Gli altri lo hanno preso subito in giro, pensando che le sue farneticazioni fossero solo il risultato di una bella bevuta. Ma Poiana in qualche modo gli ha creduto, perché Adùmas è un uomo di poche parole e poi perché mai nessuno lo ha visto veramente ubriaco. Aveva detto: -“Un cinghiale come l’ho visto io, qui non l’ha mai visto nessuno”. “E come sarà mai questo cinghiale?” – “Teneva in bocca il piede di un uomo”.
“Se c’è un piede, c’è anche il resto, ci deve essere un uomo scomparso”, pensa l’ispettore della forestale mentre ripercorre le strade battute da Adùmas. Ma invece del cadavere con il piede mozzato, vede impronte e ombre di uomini che si aggirano furtivamente, occhi nascosti dietro finestre serrate in paesi abbandonati, e quasi va a sbattere con la sua campagnola contro la C3 Pluriel di Francesca. La figlia del dottor Bordini, studentessa di musica al DAMS di Bologna, stanca di una città morta e decadente, è tornata in paese, alla Cà Storta che era dei suoi nonni, portando un vento di mistero nella vita di Marco Gherardini.
È l’inizio di un’indagine che spetterebbe ai Carabinieri ma che non interessa a nessuno, a parte a chi sta a cuore la serenità dei boschi e del territorio. È un romanzo affascinante, una storia di giovani che vivono e concentrano le loro ambizioni in vecchi posti, una grande lezione che l’Appennino continua a dare anche a chi non ha più tempo di ascoltarla.
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