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Anno edizione: 2003
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Cinque quadri intrisi di malinconia e dello sguardo sensibile di Bassani. Consiglio vivamente la lettura a tutti. Riporto dalla mia edizione una breve recensione del critico Geno Pampaloni, che in poche parole esprime l'essenza di queste cinque storie: "Forse nessuno in Italia ci aveva dato con tanta penetrante dolcezza il senso dell'antica dignità e del dolore con cui gli ebrei italiani hanno subito i terribili anni di guerra".
Tecnicamente impeccabile la descrizione delle storie, ma la lentezza nella narrazione e l'eccessiva, in alcuni casi, dovizia di particolari rendono questo libro lento e pesante. Non cambio la mia opinione sull'autore, che detiene meritata fama, ma non ho apprezzato molto questo libro, che presenta 5 storie, solamente due delle quali mi hanno un po' appassionato.
Nel 1956 Giorgio Bassani pubblicava le Cinque storie ferraresi e vinceva il premio Strega. Attraverso racconti quali Lida Mantovani, La passeggiata prima di cena, Una lapide in via Mazzini, Gli ultimi anni di Clelia Trotti e Una notte del '43 - laboriosamente composti tra il 1940 e il 1955 - lo scrittore ritornava metaforicamente a Ferrara per rappresentare l'antropologia di una piccola città durante gli anni del fascismo e dell'immediato dopoguerra e approdare a una visione eretica della realtà nazionale. Con i suoi racconti non consolatori sugli infelici, gli ebrei, la guerra, la Repubblica di Salò, gli eccidi, l'antifascismo intransigente e quello ambiguo e compromissorio, Bassani, dopo la Ferrara letteraria delle pagine di Giosue Carducci, Gabriele D'Annunzio e Corrado Govoni, restituiva la sua città alla storia e ce ne dava un'immagine complessa e inquietante. Ci faceva percepire la fragilità dell'Italia democratica. Dimostrava che a volte gli scrittori leggono la realtà meglio degli storici e che la letteratura è più lungimirante della politica.
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