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Ci fu un'epoca in cui i film di Hollywood grondavano di fastidiosi stereotipi e razzismo di ogni tipo: basti pensare ai tanti film western dove i poveri messicani erano raffigurati come zotici e violenti; oppure ai tanti polizieschi dove la malavita di strada era quasi sempre presentata al pubblico come afroamericana o latina; per non parlare dei film di mafia, dove il padrino, rigorosamente siciliano, era sovente circondato da poco svegli tirapiedi obesi dediti ai piaceri luculliani. Al giorno d'oggi stiamo assistendo ad una vera e propria rivoluzione culturale di cui anche Hollywood si è fatta paladina: il politically correct. L'industria cinematografica statunitense ha deciso di "espiare" le colpe del passato attraverso film come questo, dove troviamo sempre la stessa visione manichea della società, ma stavolta ribaltata rispetto al passato: da una parte abbiamo una famiglia patriarcale e disfunzionale, rigorosamente bianca, e con tanto di nipotino "nazistello" dedito all'onanismo e all'uso compulsivo dello smartphone (Jacob Thrombey), famiglia i cui rapporti tra consanguinei sono avvelenati dal denaro che ne ha reso i componenti senza cuore e senza scrupoli; dall'altra parte, invece, abbiamo una cameriera latina dal cuore d'oro, quasi allergica alla menzogna (vomita se dice bugie), che vive con la sorella e con la mamma clandestina in un piccolo appartamento all'insegna dell'amore e del rispetto reciproco. Hollywood si conferma ancora una volta una vera e propria industria culturale in grado di influenzare non solo le mode, ma anche la concezione che le masse hanno del mondo e dell'uomo. Detto ciò, il film nel complesso è guardabile, ma francamente preferisco i gialli di Angela Lansbury.
Sceneggiatura, interpretazioni e regia a livello incredibile.
Bel giallo con impronta vecchio stile, ma molto godibile
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