Compositore e organista tedesco. Già a sedici anni sedeva allo strumento della chiesa cattolica di Weiden. Affidato alle cure di H. Riemann, studiò nel conservatorio di Wiesbaden (1890-93). Malato di nervi, eppure attivissimo, nel 1901 si stabilì a Monaco; vi rimase sino al 1907, nonostante l'ostilità del pubblico e dei colleghi. Dal 1907 sino alla morte insegnò al conservatorio di Lipsia. Nel quadro della grande crisi romantica, la figura di R. incarna l'ideale del ritorno a una concezione pura della musica, ricercando da un lato la suggestione del formalismo classicista, dall'altro la rinascita del contrappuntismo barocco. Del tutto singolare è la posizione occupata da R. nell'ambito della storia musicale tedesca: la sua opera è l'elemento di congiunzione fra due stili o epoche, una tecnica rigorosamente bachiana (nella struttura come nell'invenzione polifonica) e uno spirito che è già dei tempi nuovi nella costante ricerca di insospettate dimensioni armoniche e di cromatismi esasperati. Educato alla grande arte organistica quale la intendevano gli antichi maestri, R. fu compositore eccezionalmente fecondo; spesso gli avvenne di ripetersi, ma sempre con la coscienza di compiere un dovere professionale e insieme di obbedire a una chiamata mistica, nell'intento di ricuperare, dopo aver assorbito il grande romanticismo, un linguaggio ormai remoto. La grandiosità delle linee, l'intersecarsi fitto di contrappunti, la dinamica variata, la compattezza dello strumentale finiscono talvolta col dar vita a composizioni in cui l'unico elemento consistente è la retorica. Ma non mancano opere cristalline, e ancor oggi godibili, come le sinfoniche Variazioni e fuga sopra un tema di Mozart op. 132 (1914), il Quintetto con clarinetto op. 146 (1915-16), i Quartetti op. 109 (1909) e op. 121 (1911). Impressionano la vigoria dell'eloquio, il senso della modulazione che sembra non trovare mai conclusione, il gusto per gli accoppiamenti strumentali, l'austerità del pensiero. Affascinato dall'estetica tardoromantica della musica a programma, il neobarocco, R. non sempre seppe rinunciarvi (Quattro poemi sinfonici da A. Böcklin op. 128); e talvolta amò lottare con il virtuosismo, imponendolo in opere tecnicamente magistrali quali i Concerti per violino op. 101 e per pianoforte op. 114. Il formalismo postbeethoveniano, in parte di discendenza brahmsiana, gli dettò un'infinità di composizioni cameristiche (Sestetto per archi, 2 quintetti con pianoforte, 2 quartetti d'archi, quartetti e trii con pianoforte, 7 sonate per violino e pianoforte, 4 sonate per violino ecc.). Un gran numero di pagine pianistiche testimonia del suo eclettismo, che dai barocchi preludi e fughe conduce a pezzi da salotto, mentre una nutrita produzione liederistica si accompagna a grandiose composizioni corali e sinfonico-corali. Un vertice della sua opera è rappresentato dalle composizioni per organo, lo strumento prediletto ma sofferto sul quale R. costruì il proprio sinfonismo; dai pezzi liberi ai corali, dalle fantasie alle parafrasi, dai contrappunti austeri ai brani di puro effetto, è tutto un mondo di suoni, a tratti affascinante e a tratti decadente.