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Con il nuovo millennio è mutato radicalmente lo scenario culturale, per cui assistiamo, ad esempio, al duplice fenomeno dell'eclissi dell'epistemologia fondata sulla fisica, scienza leader nel Novecento, e all'imporsi della biologia come scienza guida. Fanno da corollari le questioni della bioetica, le sfide della "rivoluzione biologia", l'affermazione delle biotecnologie, le domande nuove e cruciali sul nascere e sul morire, con l'affiorare continuo di problemi etici, filosofici, giuridici finora sconosciuti.
Luisella Battaglia, titolare della cattedradi filosofia morale e bioetica all'Università di Genova, parte da una convincente iniziale "mossa" teorica. Occorre, afferma, puntare sull'idea aristotelica di "buona vita" intesa non tanto o non solo come felicità o benessere, ma "come completo sviluppo delle capacità umane". Quest'idea è coniugata con i valori su cui poggia una società liberale; da ciò una particolare rilettura di Stuart Mill, teorico del liberalismo, nel cui pensiero è dato ritrovare un "nucleo forte" di valori condivisi, su cui si sofferma finemente l'autrice, con analisi in larga misura persuasive: la libertà, l'autonomia dell'individuo, su cui si fonda la sua autodeterminazione, e la diversità morale.
Un'analoga lettura innovativa è condotta a proposito di Simmel (e poi di Habermas), considerato il teorico del conflitto, che è un elemento costitutivo, fisiologico, degli individui e della società. I conflitti hanno funzione conoscitiva, dato che in una società sempre più complessa come l'attuale il progresso "rende la morale più difficile"; e rappresenta quindi una possibile via di uscita la loro accettazione come sfide che aiutano la formazione di identità e soggettività forti. Siamo di fronte a un relativismo morale? L'autrice propone una forma di "prospettivismo" inteso come negazione di un punto di vista assoluto e affermazione di una "pluralità di prospettive complementari". Di fronte ai contributi critici che il femminismo ha dato ai problemi bioetici, l'autrice individua i motivi della complementarità, ad esempio, fra la giustizia dei diritti declinati solo al maschile e la cura; tra un universalismo ritenuto fondato sul modello umano/maschile e una filosofia attenta alle specificità. Nel delineare una "nuova educazione liberale", l'autrice pone in evidenza la fecondità del suo "aristotelismo liberale" in cui il tema della differenza e quello della cura sono felicemente coniugati con la tematica dei diritti. Tutto ciò è fondato su un'idea di fondo originale: si tratta del principio di "vulnerabilità" che caratterizza la condizione umana nella sua finitezza, e che viene posto a fondamento di un'etica pubblica orientata a salvaguardare la vita specie nelle due stagioni, l'infanzia e la vecchiaia, in cui c'è più bisogno di attenzione.
In un momento in cui in Italia il dibattito bioetico ferve e affronta sul piano giuridico-parlamentare le questioni che stanno al centro della bioetica contemporanea, penso che questa proposta di una bioetica liberale, laica, che riscopre la tolleranza e la ragionevolezza, possa costituire un punto di riferimento importante.
Mario Quaranta
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