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MORTI
1.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Il romanzo si legge bene. È moderno e le vicende si snodano in quel chiaro-scuro mediatico che compone la realtà d’oggi. Come quando fai il formaggio; quello che resta della lavorazione si chiama siero. La realtà era il latte. Magnifico. Degno di un romanzo epico. Si è mutata in formaggio. Altra magnifica realtà. Degna di un romanzo d’amore. Il Siero è lo scarto e serve per preparare il pastone dei maiali. Questo romanzo parla del siero. Quello che non riesco a digerire è questa continua ossessione nell’introspezione. Come se la realtà l’abbia creata Freud e per poterla vivere in maniera interessante occorre scavare negli abissi del proprio animo. Ma cosa si spera di trovare così facendo? Forse l’assicurazione che io non possa essere così ? Forse l’auto assoluzione ? Io penso che avendo tolto dalla propria vita il rapporto personale con Dio resti solo una grande Desolata disperazione. Il siero appunto. Buono solo per i maiali. Questi poveri intellettuali ripiegati su se stessi a contemplarsi l’ombelico. Possibile che l’unica persona sana in tutta la storia sia il ferroviere ? Possibile che l’unica persona con una qualche normalità sia il regista ? Possibile che la panacea di tutti i mali e di tutte le inquietudini umane sia il “non tacere mai” ? Io penso che un romanzo con la pretesa di essere intellettuale NON può andare sempre a ravanare nel fango dell’umano. Esiste anche la santità. Esiste l’eroicità. Esiste il bene e l’Amore. Qui non si parla della crescita dell’uomo. Si parla del suo peregrinare nella piena maturità psico-fisica e con tutte le armi a bordo. Questa vicenda è in-scusabile. L’uso distorto e irresponsabile (oserei dire anche malato) della libertà, la banalizzazione del sesso e della sessualità, possono anche essere argomenti che tirano, personalmente però non mi attraggono. Mi aspettavo di più da Cristina. Ma ormai gli intellettuali vivono in uno spazio siderale parallelo.
Decolla lentamente, poi ti coinvolge senza infastidirti. Bello, è il primo che leggo dell'Autrice e spero non mi deluda
Mi è piaciuto molto, oltre le aspettative. A mio avviso è un libro moderno, scritto bene e con ottimi dialoghi; l'argomento è molto delicato ma viene affrontato con la giusta misura e senza retorica.
Recensioni
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“Sabina si siede su una panchina, le battono i denti, si stringe nel cappotto, mormora: “Succede qualcosa quando due fanno l’amore, oltre quello che stanno facendo? So che tu credi di sì, hai un’idea molto romantica del sesso. Io invece penso che sia molto più interessante ciò che si scambiano dopo, o prima”.
Cristina Comencini è ormai molto affermata come regista, ma anche i suoi romanzi hanno avuto successo, e sono stati tradotti in molte lingue. Questo suo ultimo libro, La bestia nel cuore, ha come tema conduttore la famiglia, e in particolare l’influenza della famiglia d’origine nella formazione dei modelli familiari delle generazioni successive.
Il rapporto con il padre, oggetto di rimozione per la protagonista del romanzo, può essere visto come una metafora dai contorni autobiografici, dato che l’autrice ha dovuto fare i conti con l’incombente modello paterno, e per intraprendere la sua stessa professione di regista ha dovuto, in un certo modo, “ucciderlo” per trovare una propria identità.
Il libro ha come protagonista una doppiatrice, Sabina, che aspetta un figlio dal suo compagno, un attore ambizioso ma frustrato. Non vuole rivelargli la notizia: sente il bisogno di tenere il segreto finché non riuscirà a decifrare il senso di disagio che la assedia quando pensa ai suoi genitori e alla mancanza di calore affettivo che si percepiva nella loro casa. Il nodo di paura che sente dentro di sé rischia di mettere a repentaglio la sua vita sentimentale, e Sabina decide di andare negli Stati Uniti, dove si è trasferito il fratello, per ottenere risposte che possano placare la sua angoscia. Ma venire a conoscenza della verità sarà tanto destabilizzante da mandare in frantumi il suo equilibrio: soltanto la nascita del bambino la riporterà all’accettazione della realtà, con un nuovo senso di responsabilità.
Accanto a Sabina, dei personaggi minori, soprattutto donne, che rappresentano, anche se con percorsi diversi, tipologie sentimentali dolenti e irrisolte, generatrici d’infelicità perché, e questo ci sembra l’assunto fondamentale del romanzo, è quasi impossibile avere il coraggio di accettare tutte le incoerenze, tutte le pulsioni irrisolte del cuore umano. È più facile affidarsi al linguaggio elementare del sesso, delle abitudini quotidiane, e recidere i legami quando qualcosa non funziona. Ma Sabina alla fine sembra capire che il confronto con “la bestia nel cuore” permette di crescere e di dare un significato più profondo alla vita.
A cura di Wuz.it
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