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Anno edizione: 1996
Anno edizione: 2015
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Un volumetto che vale la pena conservare e rileggere soprattutto per Bellas Mariposas, che ricorda un po' un breve poema epico. Confermo che però bisogna avere almeno una vaga conoscenza del dialetto campidanese per comprendere certi passaggi. Personalmente sono rimasta molto colpita dal fatto che la totale assenza di punteggiatura non ostacola la comprensione, anzi a mio parere Atzeni in questo modo riesce a rendere benissimo il modo di parlare dei sardi e la musicalità del loro accento.
Il test contiene due racconti. Lo stile lascia molto a desiderare, così come le storie. Leggo che molti sono rimasti affascinati dalla fotografia di uno scorcio di Cagliari, ma reputo vivamente che lo si possa fare con la punteggiatura, meno parolacce, descrizioni e narrazioni più complete e sensate. Ho reputato il tempo dedicato alla lettura una perdita di tempo, e ciò non è piacevole. C'è di meglio, anche volendo andare a ficcare il naso in questioni becere e in quartieri meno abbienti.
Un libro molto interessante anche se non per tutti: una Cagliari immaginaria (forse neanche troppo...) in cui il degrado è estremamente reale e tangibile ma sempre con un sfondo di un atmosfera surreale. Molto interessante anche per la sperimentazione di un passaggio continuo dal gergo dialettale all'italiano e viceversa.
Recensioni
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recensione di Spirito, P., L'Indice 1997, n. 4
Non sono molti gli scrittori, specie i nuovi scrittori, abituati ad attingere al folklore, al mito, alla cultura popolare locale, al vasto patrimonio di storie e leggende regionali per cercare nuove strade tematiche o stilistiche. Sergio Atzeni, prematuramente scomparso, era uno di questi. Perciò è stato anche definito "scrittore etnico", se non fosse che una tale accezione rischia di essere limitativa.
Sardo purosangue, Atzeni in realtà ha sempre aspirato a una più ampia dimensione letteraria, certo non ristretta al regionalismo né tantomeno alla letteratura dialettale. Giocando una difficile scommessa: utilizzare la materia, la cultura e la lingua delle sue radici - stavolta sì - etniche per ottenere una scrittura che andasse ben oltre i confini di quella stessa cultura. Dall'"Apologo del giudice bandito" (Sellerio, 1986) al "Figlio di Bakunin* (Sellerio, 1991) fino a "Il quinto passo è l'addio" (Mondadori, 1995) Atzeni ha sempre seguito tale percorso, approdando con "Passavamo sulla terra leggeri" (Mondadori, 1996) - l'ultimo suo romanzo - a uno stile e a una struttura dai richiami e rimandi epici.
Quasi a voler dare conferma di questo originale progetto narrativo, Sellerio ha pubblicato due racconti di Atzeni, raccolti nel volumetto "Bellas mariposas". Si tratta del primo e dell'ultimo testo scritti da Atzeni: "Il demonio è cane bianco", già pubblicato tanto in volume quanto in rivista con il titolo "Araj dimoniu", e l'inedito "Bellas mariposas", che lo scrittore non aveva fatto in tempo a inviare all'editore prima della sua tragica scomparsa (il testo è da considerarsi comunque concluso).
Il primo ripropone un'antica leggenda sarda, rivisitata da Atzeni con spirito moderno ma attento a rimarcare i caratteri, i suoni, le movenze, gli echi di un'arcaica ballata. Il secondo è una sorta di leggenda metropolitana, ambientata nella Cagliari di oggi, in uno sfascio urbano comune a tante città. E qui Atzeni cerca nei modi e nei ritmi stranianti della rappresentazione moderna il senso e l'anima di un mondo antico.
Sono due forme diverse e complementari di una ricerca stilistica e strutturale tesa a raggiungere il risultato "alchemico" di una narrazione contaminata e pura a un tempo, soprattutto solida, di vasto respiro, in grado di inventare ed evocare altri mondi per meglio leggere e conoscere "questo" mondo.
Il piccolo Luisu, che cavalca un demonio attraverso terre arse e magiche dominate da perfidi baroni, e le due amiche e sorelle adolescenti Caterina e Luna che nella desolata periferia cagliaritana vivono di nulla nell'attesa di un delitto, sono uniti da comuni tensioni: il senso di un male oscuro che viene dagli uomini, l'attesa di un destino che si deve compiere, il riscatto di una presenza magica e risolutrice. Ferocia del potere, oppressione degli umili, passioni sfrenate, sono alcuni dei temi costanti nei racconti di Atzeni, motivi sparsi e disseminati in un groviglio di caratteri, personaggi, metafore, epifanie inattese, vicende sempre in bilico tra atmosfere quasi oniriche e improvvise cadute nel più crudo realismo. Il tutto amalgamato da una scrittura di elegante respiro, musicale.
Proprio la musica, la danza, sono elemento ricorrente nell'opera di Atzeni: non solo scelta tematica, ma precisa attenzione al ritmo delle frasi, delle parole, in un tentativo a volte estremo di avvicinarsi a una rappresentazione quasi scenica - ludica - del racconto. Pochi e irrilevanti i cedimenti: l'autore controlla la materia con severità, evitando facili scivolate in compiaciuti favoleggiamenti o inconcludenti iperrealismi.
Di Atzeni, morto giovane inghiottito dal mare della sua isola, pubblichiamo il primo e l'ultimo racconto: Il demonio è cane bianco, una vecchia leggenda sarda, del diavolo che viene a conoscere un paesino, e Bellas mariposas, una nuova leggenda sarda, di due ragazzine del melting pot umano di un quartiere popolare di Cagliari che in una giornata conoscono se stesse.
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