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Anno edizione: 2013
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In questa collana dedicata alla meditazione di Matteo 5, la quarta beatitudine viene commentata da due impegnate personalità quali il prete degli ultimi Don Luigi Ciotti e il filosofo laico Salvatore Natoli. Se il primo sottolinea con la consueta e appassionata foga il dovere cattolico di combattere la povertà, espressione estrema e ingiustificabile di massima ingiustizia sociale (soffermando la sua riflessione su termini chiave quali incontro, spreco, consumo, fraternità, oppressione, uguaglianza, corresponsabilità), Natoli, nella sua proposta di un neopaganesimo gentile ed etico, cerca di dare significazione a cosa indichino il Vangelo e tutta la cultura cristiana successiva per redenzione e salvezza. Tutti e due gli interventi sembrano però trovare più facile definire cosa si debba intendere per "fame e sete" (quindi per mancanza, indigenza, bisogno), individuando in ciò lo scandalo maggiore a cui si deve porre rimedio, socialmente e cristianamente. Entrambi si dichiarano d'accordo sul dovere di saziare gli affamati e gli assetati del mondo costruendo attivamente giustizia, riparando alle disuguaglianze, promuovendo il bene comune, sradicando l'egoismo, restituendo il dovuto. E già da adesso, da subito, nella vita quotidiana, e non nel futuro di un mondo che verrà, in "un indeterminato avvenire", in un opinabile paradiso fuori dalla storia. Stranamente tra i due autori è Natoli, che da sempre si dichiara non credente, quello che fa un discorso più spirituale, accennando anche alla necessità di perdonare, parlando della colpa grave dell'omissione, dell'azione gratuita che non pretende riconoscenza, del dovere della testimonianza. Ma né Ciotti né Natoli arrivano a dare una definizione convincente di cosa sia giustizia, e non accennano al comportamento che deve avere l'innocente perseguitato, calunniato, condannato, e quale risarcimento morale e sociale spetti al dolore incolpevole.
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