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questo libro mi ha permesso di scoprire una pagina di storia contemporanea che non conoscevo. da leggere assolutamente
Questo libro parla della deportazione dei popoli Lituani, Estoni, Lettoni e Finlandesi da parte del regime comunista di Stalin che a crudeltà non aveva niente da invidiare ai Naziiisti. È un libro molto forte e delle volte ti rimane difficile credere che la barbarie possa raggiungere certi livelli. Consigliato a chi piacciono le letture forti
...finisci di leggere il libro e per qualche secondo stai in silenzio...e ti chiedi ...perché succedeva tutto questo?...da leggere per capire quanto dolore , sofferenza può sopportare una persona...innocente!
Recensioni
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Piantai un seme d’odio nel mio cuore. Giurai che sarebbe cresciuto fino a diventare un albero imponente, le cui radici li avrebbero strangolati tutti.
Può, il cuore di una ragazzina, contenere tanto odio? Eppure è la voce ferma di Lina a risuonare nelle immense distese ghiacciate dell’Unione Sovietica. Lina Vilkas ha quindici anni. Suo padre, Kostas, è il rettore dell’università di Vilnius, la capitale della Lituania e il 14 giugno 1941 è stata portata via da casa sua con indosso soltanto una camicia da notte azzurra. Gli uomini dell’NKDV, l’esercito sovietico, non hanno dato spiegazioni né usato riguardi verso di lei, suo fratello Jonas e sua madre: li hanno ammassati su una camionetta insieme a tutti gli altri. Destinazione ignota.
Sì, ma gli altri chi sono? Altre donne con bambini, una giovane partoriente, una parente alla lontana, qualche vicino di casa, qualche collega di lavoro del papà, ma non tutti. Solo qualcuno, nessun uomo, un ragazzino più grande di Jonas che viene lasciato tra le donne perché fatto passare per ritardato mentale.
La destinazione è ignota ma la stazione è quella centrale e la lista in mano all’esercito contiene nomi e cognomi che vengono ripetuti per tutta la notte e quella successiva, finché il vagone non viene riempito, finché il carro bestiame non è pieno di questi uomini e donne perduti. Ma questa volta no, non si tratta di ebrei.
Mentre Adolf Hitler in Germania pianificava lo sterminio degli ebrei e delle altre minoranze etniche, politiche e religiose, dall’altra parte della cortina di ferro un dittatore altrettanto sanguinario usava metodi analoghi per consolidare il suo potere. Stalin, alla vigilia dello scoppio della Seconda guerra mondiale rompe il patto stipulato con Hitler che assegnava la Lituania alla Germania e si annette gli stati cuscinetto tra la Russia e la Polonia. La popolazione, soprattutto gli strati sociali più alti legati culturalmente al centro Europa, organizza varie forme di resistenza e collaborazione con il “nemico”. Un popolo fiero e altero, quello lituano, che non si piega alla volontà di Stalin e al quale il dittatore ha riservato un trattamento punitivo esemplare: deportati in Siberia, uccisi dal freddo, dalla fatica e dalla fame.
È la storia sconosciuta e tragica di Lina, della sua famiglia e del loro viaggio infernale verso le terre estreme vicine al Polo Nord, passando attraverso un kolchoz nella regione deserta dell’Altaj. Donne e bambini stremati e malati lavorano nella aziende agricole collettivizzate dal regime, coltivano barbabietole, tagliano la legna da ardere e scavano con le mani le fosse comuni in cui verranno sotterrati i loro morti. Lo faranno per dodici anni. Ne moriranno venti milioni.
Lina, come tante altre ragazze incontrate nel suo viaggio, lotta per sopravvivere senza perdere la dignità. Soffre, odia, perdona e spera che qualcuno faccia terminare il suo incubo. Racconta con una voce mai rassegnata la sua tragedia, ed atterrisce l’idea che i pensieri e i sentimenti descritti in queste pagine intensissime siano stati realmente vissuti da intere popolazioni inermi, che per lunghi anni, anche dopo la fine dell’epoca stalinista, per paura delle ritorsioni degli uomini del regime, hanno taciuto la loro tragedia.
Oggi arriva, necessario, un romanzo che fa luce su una pagina terribile della storia europea e che, ne siamo certi, aprirà la strada a molte altre testimonianze con cui dovremo fare i conti.
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