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Una silloge di liriche intense, dai toni intimi e segreti si snocciola in un crescendo di pathos, ricordi, rimpianti, rassegnata incertezza su quanto si sarebbe potuto fare per ripararsi dalle onde anomale di questa mareggiata ch’è la vita. Il mare come in tutta la produzione poetica della Nostra, non è solo elemento liquido che tutto avvolge e riporta a galla, ma è metafora di un’esistenza autentica fatta di alta e bassa marea, di naufragi, soffocanti bonacce o tumultuose tempeste Spesso l’autrice ha vissuto con occhi dal salmastro accecati,perché pur padroneggiando la conduzione della propria scialuppa, il cuore è stato sfiancato da dolorosi tonfi che la vita non le ha risparmiato. Ricorre una malinconia autunnale, ricorre il pensiero della morte, delicatamente rappresentato nella lirica intitolata: La colomba Quando arriverai/ non ghermirmi feroce/con artigli rapaci ch’io non ti temo/anzi t’aspetto. Come mite colomba/sul davanzale posati lieve di lato guardandomi./Del tuo capo al cenno,/docile ti seguirò. La poetessa non ha paura, è pronta ad ogni evenienza, sa che i suoi cari l’accoglierebbero con amore. Eppure questa maturità non esclude il desiderio di sognare ancora: In un altrove vivere vorrei altro da me essendo… Le disillusioni sono scampoli d'una vita dal mare restituiti...eppure la poetessa non rinnega nulla, riconosce gli specchietti per le allodole, prende atto dei vuoti a perdere e continua il suo viaggio pur sapendo che incalza l’autunno. Lo stile è sempre quello della Cecere che predilige i verbi a fine frase, che ci sorprende con similitudini e ossimori sottili, che ci rincuora con la sua ponderata saggezza e ci trasmette pacatezza, pur senza eludere gli altalenanti moti dell’animo.
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