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Anno edizione: 2022
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Come già il precedente Cronache della Val Lemuria, anche questo è un romanzo scritto egregiamente, fra l'umoristico e il fantastico. La cornice dell'anno trascorso all'interno del bar-ristorante Moderno, che richiama una sorta di Bar sport ligure, crea un'atmosfera calda e familiare.
Un buon romanzo è un posto dove ti piace stare. Capiamo di stare leggendo il libro giusto quando non vediamo l’ora di tornarci, all’inizio o alla fine della giornata, negli spazi vuoti delle nostre agende, quando aprirlo è come spingere la porta del nostro locale preferito, farci investire dal calore e dall’odore di birra vecchia e umanità e per un po’ dimenticare la pioggia che ci aspetta all’esterno. “L’Anno delle Volpi” porta questo assunto alle estreme conseguenze. E’ un romanzo scandito in dodici capitoli corrispondenti ai mesi dell’anno in cui l’unico motore narrativo è il trascorrere del tempo. Un giorno dopo l’altro, un mese dopo l’altro, passiamo un anno tra le nebbie della Val Lemuria nell’ostinata assenza di una trama, in un accumularsi di episodi dove le più banali occorrenze della vita quotidiana hanno la stessa importanza delle leggende, delle apparizioni mostruose, degli specchi stregati e dei giganti meccanici cannibali che popolano la valle. Cristiano Demicheli pone il lettore non nei panni di un eroe mitico impegnato in una quest fondamentale per se stesso e per il mondo, ma lo assimila a un qualunque abitante della Valle in un qualunque giorno della sua vita. Ci invita a prenderci un anno sabbatico in Val Lemuria e ad affrontare la lettura con la stessa curiosità con cui si affronta il presente: non ingannandoci nell’attesa di un evento eclatante o catartico, ma affidandoci al flusso delle piccole cose, costruendo l’attesa sulla prossima storia che ascolteremo, sull’ennesima svolta di una vita che, di cambiamento in cambiamento, sta tornando esattamente al punto di partenza. E se il suo libro terrorizza, diverte e conforta, quando lo chiudiamo e solleviamo gli occhi sul mondo potremmo farci una domanda che può essere la più oziosa o la più pericolosa: narcotizzati dalla routine e dal mito di una realtà che non si può cambiare, quante cose non stiamo vedendo, a quante non stiamo dando importanza quando dovremmo?
Nonostante le mie critiche al precedente libro, avendo usato nelle recensioni un certo tipo di umorismo forse fuori luogo, eccessivo, avevo già intravisto le qualità stilistiche e sintattiche che molto raramente mi si erano palesate nelle opere di autori emergenti italiani, e devo dire con grande piacere che è evidente una evoluzione positiva in tal senso, Cristiano fa cantare le parole, ritmo, armonia, melodia, lirismo e poesia, una gioia per i miei vecchi occhi. Detto questo, ed è già tanta roba, perchè forma è contenuto per me tendono sempre e comunque all'unità, mi sarei aspettato un non romanzo un pò più inquietante, anche giocando come fa l'autore con trame e atmosfere un pò più leggere, perchè anche certa leggerezza letteraria può essere disturbante e destabilizzante come non lo sono molto spesso romanzi e racconti di autori e scrittrici eccessivamente celebrati, e anche il taglio umoristico sarebbe potuto essere (per i miei gusti) un pò più grasso e tavernesco, in stile Jean Ray. In ogni modo, restano impresse le essenze più profonde dei personaggi e una atmosfera degna di questo nome, aspetto per questi motivi, il suo prossimo libro, sperando in una ulteriore evoluzione, che di certo non gli donerà caterve di lettori con bava alla bocca, ma questo non penso che al buon Cristiano importi più di tanto, non almeno quanto a chi dello scrivere ne vorrebbe fare un mestiere, imbianchini al cospetto del pittore De Micheli, amen...
Recensioni
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