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«Sono un mostro. Nulla di ciò che è umano mi è estraneo.»
Rappresentate per la prima volta nel 163 e nel 160 a.C., Heautontimorumenos ("Il punitore di se stesso") e Adelphoe ("I fratelli") traggono il loro soggetto da opere di Menandro, il grande commediografo greco, e negli intrecci sembrano non discostarsi dal canone: giovani innamorati, genitori che li contrastano, bambini perduti di cui si ritrovano le origini, e immancabile lieto fine. Ma tutta nuova è, in questi come negli altri testi di Terenzio, l'attenzione per la psicologia dei personaggi, che riescono ad affrancarsi dal cliché buffonesco tradizionalmente imposto dal genere comico. Una profonda humanitas coinvolge giovani e vecchi, austere matrone e procaci cortigiane, e Terenzio la indaga con lingua elegante e raffinata.
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