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Da lettore privilegiato – conobbe e fraternizzò con la poetessa – Tomasz Stańko sembra rispettare le seguenti due regole, formulate in ambienti e in tempi fra loro disparati e lontanissimi, ma nella improvvisazione nitida e germogliante di Tomasz accomunate per dar vita a qualcosa di sorprendentemente festoso: Гίνεσθε δὲ ποιηταὶ λὸγου καὶ μὴ μόνον ᾀκροαταί Ma siate esecutori della parola, e non uditori soltanto. (Lettere di Giacomo I,22) Back to the roots, a quel mondo nel quale la mia anima si sente a casa, allo swing. Chi ha dentro di sé lo swing, che si trovi in una sala o sul palcoscenico, non potrà più marciare al passo. (Coco Schumann, “Der Ghetto-Swinger”) Alla loro scuola e classe siamo tutti uditori e domicelli. E aggiungo, d’un tratto – ma non c’è che da rallegrarsene – la “loro” musica è la “nostra” musica.
Tomasz Stańko e Wisława Szymborska, storia di una complicità: “Ogni vibrazione di luce è il conseguimento di un equilibrio tra due poli”, è scritto nel “Trattato sui patafotogrammi” di René Daumal. Una vibrazione immateriale, uno scorrere di luce, un suono che sottilmente equilibra la differenza interiore fra due artisti, scoperta quando si confrontano sul terreno dell’arte. Quel di più suscitatore di un avvicinamento, di un vincolo duraturo. Che ha potestà di legare e di sciogliere. La musica di Tomasz Stańko, ispirata dal contatto con la poesia della conterranea Wisława Szymborska, ha davvero la leggerezza propria delle “autumn leaves” o di un fiore. Dovunque essa nasca, anche recando la propria vita ad altro porto, sul mare di NYC culla del jazz. Scintillante Heimat. Ha note lievi come un raggio di luce, uno zampillo di acqua freatica. Qualcosa di speciale, e di inammissibile, se accostata ai rumori senza grazia delle città. Ascoltarla, concede pause in sé stesse molto simili a quanto accade con la poesia di Wisława. Incantevole nettezza di luce, di cose e fatti rischiarati, senza più pieghe, né ampie e misteriose ombre: le mille misure che possiede la parola esatta, distesa nei versi come una lunga veduta o un corrimano. Sembrano enigmatici incanti fra due frazioni del tempo. Corde di esatto strumento. Aspirazioni filosofiche, modulazioni della voce, chiacchiere curiose? Forse. Campo di brevi frammenti. Sono indescrivibili nel loro significato “di materia unita”, lo diceva già il Betocchi dell’allegria; come uno dei 71 «selah» (סֶלָה) o διαψάλματα (diapsalmata) che punteggiano i Salmi: un Aut-Aut, “una sospensione sabbatica (per enne secondi) di tutto” (Guido Ceronetti).
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