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Anno edizione: 2023
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Libro presentato da Martina Testa nell’ambito dei titoli proposti dagli Amici della domenica al Premio Strega 2024.Una storia di ragazzi devastata da un’esplosione di violenza senza senso, che forse solo un racconto collettivo può ricominciare a fare sentire nostra.
Questa è una storia che si potrebbe raccontare in poche righe: in una notte di fine estate, intorno alle 3.20, in una cittadina di provincia del basso Lazio, un ragazzo italiano di origine capoverdiane, Willy Monteiro Duarte, viene ammazzato di botte da altri quattro suoi coetanei, che non conosceva e che non lo conoscevano. Un pestaggio senza ragione, forse una rissa finita male. I quattro responsabili vengono riconosciuti e arrestati prima che sia giorno. Quella che sembra una tragedia muta, schiacciata dalla freddezza della cronaca, diventa un episodio sul quale i media mainstream italiani si lanciano creando una rappresentazione distorta, fallace, colpevole. È proprio dal tentativo di ricucire questa lacerazione tra la secca descrizione e il racconto morboso della vittima e dei carnefici che prende spunto il viaggio di Christian Raimo e Alessandro Coltré: tre anni di incontri e interviste con gli amici e la famiglia di Willy, con le persone delle comunità coinvolte in questo dramma (Colleferro, Artena, Paliano), tre anni di studio e riflessioni per provare a capire chi abita davvero quei luoghi, e soprattutto restituire loro una voce. L’omicidio di Willy Monteiro Duarte è stato un dramma singolare diventato subito un dolore collettivo, un trauma accaduto alla generazione dei suoi coetanei: una storia di ragazzi. Per contrastare lo storytelling nero delle infinite dirette della tv del pomeriggio si parte quindi dall’interrogativo più immediato: come si racconta un massacro? E da interrogativo a interrogativo, guidati dalle parole di chi a Colleferro quella sera c’era e di chi ci è nato o vive quei paesi tutti i giorni, prende forma un’inchiesta che – credendo nella verità della ricerca storica e sociale, del giornalismo, della letteratura – rimette al centro i giovani: i veri protagonisti, anch’essi vittime. Dentro la storia del massacro di Willy ce ne sono altre cento, quella di una comunità segnata dai traumi più e meno recenti, quella di una provincia sospesa tra disoccupazione e nuova emigrazione, quella dell’inquinamento della Valle del Sacco, quella di un territorio figlio ormai orfano dell’industria e oggi in cerca di nuova identità.
Proposto da Martina Testa al Premio Strega 2024 con la seguente motivazione: «Christian Raimo non si è inventato nulla di questa storia, ma si è inventato un modo per raccontarla. Di fronte a un episodio agghiacciante quanto tragicamente comune, dei giovani maschi che ne uccidono un altro in una rissa, Raimo sceglie di tenersi all’esterno del fascio di luce che i riflettori mediatici gettano sui colpevoli e sulla vittima, e da ogni potenziale morbosità che questo punto di vista porta con sé. Il suo racconto si muove piuttosto in cerchi concentrici verso l’esterno, illuminando via via gli altri protagonisti della vicenda e l’intera comunità locale, partendo dai tavolini di un bar per estendersi a tutto il piccolo centro di provincia, i comuni limitrofi, la storia di quei luoghi, lo sviluppo di un intero Paese. È un racconto a più voci, plurale: a partire dal frequente “noi” in cui a Raimo si affianca un prezioso collaboratore, il giornalista e attivista Alessandro Coltré, per estendersi alle testimonianze e alle riflessioni di decine di altre persone; un’indagine che non arriva né vuole arrivare a una “nuova verità” sul caso di cronaca, ma che è avvincente, generosa, caparbia nel suo sforzo inesausto di rivelare un contesto: il contesto, concetto raro e prezioso nell’epoca dell’eterno presente, dell’eterno primo piano, dell’eterno autodefinirsi. Una sconfinata curiosità accompagnata dalla passione civile, una fiducia insopprimibile nella possibilità di indagare il mondo per capirlo e per cambiarlo animano da decenni la scrittura di Christian Raimo, e “Willy. Una storia di ragazzi” ne è un esempio quintessenziale: oggetto letterario e gesto politico, indagine conoscitiva e atto di fede.»
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L'ho apprezzato, ma il perimetro dell'analisi secondo me è troppo ampio. E' vero che il senso del discorso è anche presentare le storture dell'informazione ma troppe pagine vengono dedicate al contesto sociale di Colleferro. Il messaggio, dal lettore, viene recepito infatti abbastanza in fretta, non essendo particolarmente complesso da comprendere: le condizioni sociali della zona sono particolari legate al tessuto produttivo un tempo più dinamico - benchè in una situazione difficile per i lavoratori - e oggi la popolazione è ancora di più in difficoltà ma ampie sono le possibilità di non scadere nella violenza (centri di aggregazione, luoghi di cultura ecc). Dipingere la zona come un ricettacolo di delinquenti è sbagliato e questo diventa chiaro, insistere sul concetto diventa invece stucchevole. Secondo me il libro di Daniele Vicari "Emanuele nella battaglia" è decisamente più efficace, peraltro citato nel testo, nel raccontare una vicenda analoga. Le zone sono limitrofe, ma Vicari tratteggia bene il contesto sociale e l'evento particolare, un altro omicidio, senza però diventare noioso.
La prima parte del libro é veramente bella, poi faccio veramente a capire le lunghissime digressioni storico politiche ed economiche di Colleferro...non credo si possa addossare la colpa alla provincia, a una zona priva di posti di lavoro, la violenza é figlia di se stessa, e di nessun luogo...
Ho avuto modo di conoscere di persona Christian Raimo che presentava appunto questo libro. Una splendida inchiesta, dall'ampio respiro che ancora oggi, dopo la presentazione, mi ha aperto dubbi e domande sul vivere d'oggi e sulla gioventù.
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