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Libro eccellente, scritto con passione e competenza accademica. Consigliato sia agli appassionati di musica che di comunicazione, sociologia ed economia: Prato, infatti, non dimentica nessun aspetto riguardante gli artisti coinvolti nel progetto e nessun dato relativo alla società americana dei primi decenni del secolo scorso. Un libro da gustare e da conservare.
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Nel 1942, i soldati americani impegnati a combattere il loro primo Natale lontano da casa potevano ascoltare alla radio l'ormai leggendario Bing Crosby che interpretava l'ennesimo successo dell'altrettanto leggendario Irving Berlin, White Christmas: una zuccherosa melodia, un testo melenso per evocare scenari ovattati. La canzone era stata proposta per la prima volta tre settimane dopo Pearl Harbor, e incisa di lì a cinque mesi. Quella che il musicologo Paolo Prato definisce da un lato "un capolavoro di semplicità" opera del re della canzone nazional-popolare e dall'altro un brano "satirico" (certo però nessuno se ne accorse), con cui si augurava un Natale da Hollywood a ciascun onesto americano, fu un successo epocale. Segnò forse l'apice della fama di Bing Crosby, "l'ultimo dei cantanti da salotto", eredi della gloriosa microepopea del carillon. Le sue note sarebbero risuonate a lungo, per molti altri Natali, nelle case degli americani. Ripercorrendone la biografia, l'autore sottolinea gli innumerevoli record di Crosby, che stracciano quelli di Presley (il quale secondo lo stesso Crosby non diede nulla alla musica): certo maturati in un'epoca dove la concorrenza era molto minore e lo star system non perfezionato, possono se non altro indurre a riflettere sui valori veri o presunti e sul pericoloso conformismo di un certo costume americano già nella prima metà del Novecento. Dalle numerose tabelle finali vengono a galla ulteriori spunti in questa direzione, a conferma del fatto che la musica pop, se studiata con la corretta metodologia, è indispensabile a ogni seria analisi storica e sociologica.
Daniele Rocca
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