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Da Welcome to New York probabilmente mi aspettavo più azione e/o intrigo, e per questo motivo non mi ha entusiasmato. I primi 20-30mins sembra di stare di fronte ad un film di genere erotico (e il nostro caro Gérard Depardieu, non pare essere in piena sintonia nelle scene piccanti) più che ad un trhilleriano/drammatico. Probabilmente questa pellicola va letta più che come un'analisi del Potere, come la disamina di una patologia. Ma non si tratta solo di una sesso dipendenza (con tanto di aiutini a compresse di Cialis e come lo stesso Devereaux si autodiagnostica). In un film che non ha nulla del machismo di cui è stato accusato (non tutte le donne gli si concedono e i suoi grugniti, associati alla corporeità in disfacimento di Depardieu, contribuiscono a testimoniare esattamente il contrario) Ferrara va oltre. La colpa di cui giorno dopo giorno si è macchiato Devereaux è stata quella di considerare le donne come cose e la vita come un deserto arido in cui ogni ideale appassisce e muore. La coazione a ripetere che lo spinge a cercare il sesso non distinguendo più tra quando è consenziente (anche se a pagamento) e quando invece non lo è, si rivela direttamente proporzionale all'imputridimento dei suoi ideali. Quella redenzione che il regista continua a cercare nei suoi film non è per lui. Non è per un uomo che è ormai convinto che nessuno vuole essere veramente salvato. Il Devereaux di Ferrara non può salvarsi (anche se forse nel profondo lo vorrebbe) neppure da se stesso. Opera lenta, a tratti incerto; tuttavia chi è curioso di capire (più o meno) come è andata la storia di Strauss-Khan, si lascia guardare. L'ultima nota (negativa) sono le riprese in esterna. Manhattan merita di più!
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