Elias Canetti soggiornò per un certo periodo del 1954 a Marrakech. Il grande lavoro su Massa e potere era giunto a un momento di stasi, lo scrittore sentiva il bisogno di nuove voci, di voci incomprensibili, come quelle che lo avvolsero nella splendida città chiusa dalle sue mura. Fra quelle parole una sola era per lui riconoscibile: Allah. Gli inglesi e i francesi del posto gli apparvero estranei, mentre «gli altri, la gente che ha sempre vissuto là e che non capivo, erano per me come me stesso». Vagando per i suk, per le strette vie dai muri quasi senza finestre, per i mercati e le piazze, fra cammelli, mendicanti, cantastorie, donne velate, marabutti, ciechi, commercianti, captando forme e suoni con la sua stupefacente prensilità, Canetti si trovò un giorno in una piccola piazza rettangolare, ronzante di molteplice vita, al centro della Mellah, il quartiere degli ebrei. «Davvero in quel momento mi sembrò di essere altrove, di aver raggiunto la meta del mio viaggio. Da lì non volevo più andarmene, ci ero già stato centinaia di anni prima, ma lo avevo dimenticato, ed ecco che ora tutto ritornava in me. Trovavo nella piazza lostentazione della densità, del calore della vita che sento in me stesso. Mentre mi trovavo lì, io ero quella piazza. Credo di essere sempre quella piazza».
Tornato a Londra, mentre lavorava a questo libro, che ha la perfezione e la compattezza dellistantaneo, Canetti scriveva nei suoi quaderni di appunti: «Anche qui, da quando sono tornato, nulla si è cancellato. Tutto acquista una luce ancora più intensa. Io credo che con una semplice descrizione di quello che ho visto, senza modifiche, invenzioni, esagerazioni, mi sia possibile costruire in me una nuova città ... Non si tratta di qualcosa di immediato, che io ora abbia intenzione di metter giù sulla pagina, ma solo di un nuovo fondamento: un altro spazio, non sfruttato, in cui posso stare; un nuovo respiro, una legge innominata». E permanevano in lui strane sensazioni: «A Londra, dopo Marrakech. Sta seduto in una stanza con dieci donne sedute a vari tavolini, tutte non velate. Lieve irritazione».
Le voci di Marrakech fu pubblicato per la prima volta nel 1967.
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