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Anno edizione: 2008
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Buon libro, letto in un baleno, forse anche per le poche pagine, che sono comunque scorrevoli. Certo le storie raccontate non hanno la complessità che avrebbero avuto (ma probabilmente anche la pesantezza) se le pagine fossero state il doppio, con racconti più sviluppati. Il punto di forza per me è stato propio questo, velocità e semplicità, storie che si possono narrare anche ai bambini.
in totale accordo con il commento precedente, il libro non vale i soldi spesi. non bruttissimo, ma pessimamente sviluppato. alcune delle storie narrate mi hanno lasciata come in attesa di qualcosa, le ho trovate belle ma sconclusionate e, soprattutto, senza una degna fine, lasciate in aria. sconsigliato
L'idea è buona ma l'ho trovata pessimamente sviluppata. Le storie sono narrate velocemente e sommariamente, i personaggi sono poco caraterizzati e, a mio giudizio, li ho trovati anche stupidi ed infantili. Lo stile narrativo non ha nulla di particolare. Le storie, poi, a volte sono puerili e anzichè il "mistero affabulatorio dell'Est" danno la sensazione di superfuiciale narrazione per bambini. Non riesco a comprendere com possa avere avuto tanto successo in Germania. Io mi sono pentito di aver speso 16€.
Recensioni
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Da Damasco a Heidelberg, dal silenzio imposto dalla censura dittatoriale alla libertà dell'impulso narrativo: questo l'approdo di uno scrittore arabo in Germania. Il siriano Rafik Schami (classe 1946) arriva in Germania nel 1971 scortato dal demone della scrittura: tra i suoi bagagli tanti manoscritti in lingua araba. Studente di chimica a Heidelberg, Schami avvia per sei anni un apprendistato linguistico che però non gli garantisce la sicurezza di uno stile narrativo. Supera tuttavia la barriera del silenzio attraverso una meticolosa appropriazione della parola straniera: con lo studio dei classici tedeschi, Schami acquista uno stile in grado di veicolare il suo variopinto mondo narrativo, di derivazione tutta damascena, con una lingua arricchita dal vasto repertorio metaforico della lingua araba. Lo Hürdenlauf (corsa a ostacoli) con la lingua tedesca, come Schami oggi si compiace di definirlo, comporta l'abbandono definitivo della lingua araba a favore di quella tedesca.
Anche il vecchio cocchiere Salim, figura centrale di questo romanzo, esperisce la sofferenza della parola costretta al silenzio. Salim, che con le sue favole ha per anni incantato i passeggeri nella traversata del deserto, perde all'improvviso la parola. In lui riconosciamo una figura mitica, che si appresta a incarnare i ricordi d'infanzia dello scrittore Schami cresciuto a Damasco nel quartiere aramaico-cristiano di Abbara, in cui la parola delle donne di strada o degli hawakati (fabulatori di professione) nei caffè costituivano la melodia della vita quotidiana, ora metafora dolorosa di un popolo intero, quello arabo, costretto al silenzio dalla dittatura. Una fata, colei che aveva reso "magiche e irresistibili le sue parole", comunica in sogno a Salim che potrà riacquistare la parola solo se riceverà sette doni straordinari. Con le sue ultime diciassette parole Salim comunica quanto accaduto ai suoi sette amici, i quali si affidano al linguaggio: sette racconti saranno i doni per Salim. Si avvia così il caleidoscopio fiabesco: per sette notti gli amici di Salim raccontano a turno una storia. Ma nei racconti si inseriscono altri racconti, il narratore di turno intervalla la sua narrazione con ricordi lontani o viene interrotto da un intermezzo novellistico improvvisato. Il romanzo va così assumendo un'affinità più immediata con Le mille e una notte che con il Decameron. Schami, infatti, incanta i lettori occidentali con la malia delle favole orientali, come già nella raccolta Malula (1987), nei libri illustrati di storie per ragazzi, nelle sue pubbliche letture nei teatri o nelle scuole che riscuotono grande successo in Germania, facendo di lui l'hawakati tedesco.
Nel romanzo si inserisce anche l'altra tendenza della sua scrittura, quella maturata nel contesto della Gastarbeiterliteratur (letteratura dei lavoratori stranieri) e del gruppo letterario Südwind, da lui stesso fondato nei primi anni ottanta con il conterraneo Suleman Taufiq, il libanese Jusuf Naoum e l'italiano Franco Biondi. L'esperienza di estraniamento dell'emigrante viene sintetizzata nel romanzo dal racconto di Tuma, con l'accento sulla difficoltà comunicativa dello straniero: "Chi è nato senza il dono della parola impara a esprimersi con le mani, con gli occhi, con la testa. Ma chi muto lo è diventato per forza di cose, è malato nell'anima e soffre le pene dell'inferno". Il silenzio di Salim acquista man mano le sfumature di una catabasi, alla quale solo la magia della parola potrà sottrarlo: Die Wunderpille ist Zuhören (La pillola magica è ascoltare) recita un intervento di Schami del 1999. Raccontare è un sortilegio che rende superflua la distinzione tra vero, verosimile e irreale. La parola, asserisce Salim, è "un dono del deserto" reso a coloro che attraversandolo ne alleviano la solitudine. Nadia Centorbi
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