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Fabiano Massimi, bibliofilo e bibliotecario modenese, è un ottimo narratore, un estensore di buonissime storie ben architettate, logiche, intense, affascinanti, con personaggi in tutta apparenza comuni, e invece originali e sorprendenti senza perdere di credibilità. Sa farsi leggere, sa gestire alla grande la parola scritta ricavandone scene, affronta questioni sociali, si dilunga su atti e indagini investigative, intermezza il racconto con spunti umoristici, con discrezione e sensibilità delinea quadri sentimentali, in sintesi presenta nei suoi libri ambienti e personaggi delineati nel profondo, e che interagiscono con il lettore incantandolo, interessandolo e deliziandolo insieme. Tant’è che il lettore vuole godersi in pieno la malia del libro, senza essere distolto dalla lettura, a costo di isolarsi e ritirarsi, e come suggeriva Epicuro, di vivere nascostamente. Non a caso quindi questo romanzo si intitola “Vivi nascosto”, segue al fortunato “Il Club Montecristo” dello stesso autore, ed è l’atto secondo di una serie poliziesca dove nei panni degli investigatori agiscono delle forze dell’ordine “sui generis”, gli Ammutinati. Il Club Montecristo, nomen omen, una libera e funzionale alleanza di ex carcerati, non più una banda criminale ma una associazione a non più delinquere, costituita da persone che hanno pagato le loro colpe, e dopo essersi riabilitate in prima persona, si sono prefisse di adoperarsi a favore dei loro colleghi, meno fortunati. Facilitandone il reinserimento nella società degli “incensurati”, e proteggendoli nel caso, come spesso accade, che finiscano per essere additati come colpevoli pur essendo estranei al caso specifico, ed innocenti a prescindere, esclusivamente per i loro trascorsi e per i pregiudizi duri a morire che ne derivano. I libri rendono liberi, senza preclusioni; un bibliotecario che ti suggerisce ottimi titoli, e che ne scrive lui stesso, è il top.
Lans Iula, ex-pittore e rapinatore di banche, uscito da prigione, s’iscrive al club Montecristo (popolato da non meno di cento ex-galeotti), che ovviamente si raduna al caffè Dantés. A lui si associa Arno Maletti (che cerca calore in calorie!), hacker. I due, assieme ad altri personaggi strampalati (Zero Zero, Azzicca) cercheranno di scoprire, in concorrenza con la polizia locale, chi abbia ucciso Bruno Muta, genio della moda, fondatore della Mutatis (mutandis?). Muta è stato trovato cadavere, trafitto (dalla schiena) da un’asta di ferro che gli fuoriesce dal petto. Il commissario Fosco Cassini ha già chiaro in mente l’autore del delitto e lo ricerca attivamente, ma gli amici del club Montecristo sanno che costui è innocente e si sguinzagliano a cercare il vero colpevole. C’è un problema di fondo in questo racconto: la trama è confusa e per di più condita da battute di per sé accettabili ma che, l’autore (F. Massimi) nel suo sfrenato desiderio di stupire il lettore, muta in peggio, da mediocri ad assurde, grazie a litoti, metonimie e trasposizioni di vocali e consonanti. Inoltre, in un racconto così strampalato, il riferimento continuo a Dumas non potrà far piacere a questo raffinato scrittore. Diciamo che Dumas era un romanziere di ben altra stoffa e calibro. Per di più i due attori principali (Zero Zero, Azzicca) sono più marionette, pupazzetti, con ben poca caratura umana e sociale (mancano all’appello solo Beppe Suolavecchia e Anselmo Lunghigna, e altri personaggi improbabili di egual calibro!). E la loro abilità a risolvere situazioni critiche in cui il più raffinato dei poliziotti si troverebbe a disagio, li rende ancor più sospetti d’incapacità congenita. Inutile dire che la polizia è qui sbeffeggiata tanto che la povera ispettrice Lana è subito ribattezzata in Lagna, sottile insulto al mondo femminile. Resta una domanda di fondo: Sherlock Holmes, were are you? Please come back.
Purtroppo non sembra lo stesso autore che ha scritto L'angelo di Monaco, noioso e non coinvolgente.
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