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Anno edizione: 2018
Anno edizione: 2018
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Molto piacevole.
C'era una volta il bianco, l'eleganza dei gesti nascenti, l'alba del gioco più violentemente bello del mondo. E autentici miti uguali ai versi più scelti di un poema che ne ha cantato le gesta, la gloria, fra ombre e vezzi, umori e sforzi degni di divi senza tempo. Solo l'episodio del paracadutista americano salvato e protetto da Gootfried Von Cramm e la risposta che quest'ultimo gli dette quando il ragazzo gli chiese perchè l'avesse salvato vale da solo gli spalti più esclusivi di questo libro, i più commossi e meritati. Perché sono la vita e i suoi curiosi arcani a creare l'intera storia del fascino, almeno nel mondo in cui il rovescio a una mano di Ken Rosewall poteva annullare da solo mille precisi manuali a descrivere quel colpo. Rosewall che pianse per aver impedito alla leggenda di Lewis Hoad di realizzare il Grande Slam nel '56. Si piangeva anche per questo allora. Ma tanto altro sale e invade lo spirito di chi ama questo sport mentre si addentra nella narrazione: la sfida fra Bobby Riggs e Billie Jean King, certo il primo che nessuna donna potesse mai battere un uomo; e Beppe Merlo, l'uomo delle crisi isteriche che "ad altre latitudini lo avrebbero condotto dritto alla Salpêtrière". E ancora la nascita del Tie-break, oppure la figura "hollywoodiana" di Eleanor Tennant, come gli infiniti monologhi di Nastase, fino all'incredibile storia di Hans Redl, austriaco che giunse nel '47 a un 8° di finale a Wimbledon senza un braccio (lo aveva perso a Stalingrado). Poi arriva Pancho Gonzales: sei matrimoni, nove figli, bevitore, ospite anche in qualche galera, ma in grado di regalare al mondo una delle più sublimi armonie tennistiche mai viste, un maledetto nel corpo di una statua greca. Ma ogni riga (è il caso di dire) è stupenda dentro questo racconto, nel quale è giusto che la lucidità ceda il passo al mistero di un gioco dalla magia e dalla bellezza inafferrabili. Storie umili e aristocratiche. Un'epoca più bella, un game vinto a zero dalla grande letteratura.
viaggio straordinario nel tennis dell'epoca che precede il periodo open; l'autore finge di raccontare le brevi vicende - 20 una per ognuna delle foto che apre il capitolo - dei protagonisti che ha selezionato, ma in realtà racconta sempre la stessa storia, la sua ossessione per il tennis, specchiata e riverberata nelle ossessioni dei campioni che tratteggia. Un libro di rara delicatezza per lo stile e di ruvida umanità per il modo in cui mette a nudo le anime dei tennisti "eminenti" selezionati. Da leggere di corsa e da rileggere assaporandolo a sprazzi.
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Il genere del catalogo ha origini antiche – ci arriva del resto dai tempi in cui si pensava di poter agilmente catalogare il mondo – e nei secoli si è evoluto in fine gioco letterario. Si tratta infatti di un’arte che richiede equilibrio tra analiticità e selezione, gusto del bizzarro e amor di rilevanza, nonché tra nozione storica e invenzione, potendo agire sui molti gradi che vanno dal “tutto vero” al “tutto falso”.
Due le case editrici italiane che ne coltivano la tradizione. Sulla sponda più classica, e orientata sulle persone, Adelphi: suo Vite immaginarie di Schwob; suoi La sinagoga degli iconoclasti e Lo stereoscopio dei solitari di Rodolfo Wilcock; suo La letteratura nazista in America di Bolaño.
Sul piano contemporaneo, e più orientato sugli eventi, c’è Quodlibet, che ci ha dato Morti favolose degli antichi e Vite efferate di papi di Dino Baldi, o ancora Incontri coi selvaggi di Jean Talon, e presso cui esce oggi il Catalogo delle religioni nuovissime, dove Graziano Graziani, già autore dell’utopico Atlante delle micronazioni, esplora l’universo dei più astrusi nuovi culti.
Sulla sponda Adelphi esce Vite brevi di tennisti eminenti di Matteo Codignola.
Ben lontano dalle biografie in stile Open di Agassi, questo delizioso catalogo di giocatori del tempo che fu, ormai oscuri (io, almeno, appassionatomi con Chang vs Lendl, non conoscevo Maurice McLoughlin né Maureen Connoly, avevo nozione di Rod Laver solo grazie a mio padre, e mi è sempre venuto arduo non pensare a una polo quando leggevo il nome di Fred Perry), riesce a raccontare non tanto la storia del tennis, quanto la sua natura: il tennis – anche quello di oggi – è così perché fu, un tempo, in quel modo là: perché conobbe tanto l’eleganza di un Von Cramm (e la sua capacità di mandare a quel paese Göring), quanto un ur-pallettaro come Beppe Merlo.
di Vanni Santoni
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