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scheda di Ferrero, A., L'Indice 1997, n. 3
in questo libro. Prima di tutto la copertina. Bellissima. Una foto in bianco e nero che ritrae lei, Marguerite Duras, di schiena a una vetrata. Davanti, il mare, protagonista con i suoi movimenti, i suoi colori, i suoi respiri, della seconda parte del romanzo. Poi l'anno dell'edizione originale. Il 1944. Più di cinquant'anni fa, ben sei prima di "Una diga sul Pacifico", che rivelò l'autrice in Francia come una tra le voci più significative del nouveau roman. Tradotto ora, postumo, qui da noi, questo fu il secondo libro di Duras. A leggerlo si ritrovano i temi già inconfondibilmente suoi, e si scopre l'evolversi della sua scrittura verso quel rigore levigato che la caratterizzerà. Infine il titolo: "La vita tranquilla". Una promessa, un'attesa, che Francou, la protagonista, invoca come una benedizione. La sua famiglia, chiusa tra i muri di una sperduta proprietà agricola, non ha fatto altro che lasciarsi vivere, trascinandosi inerte per anni in una nebbia di noia. Tocca a lei far esplodere quell'immobilità rassegnata e soffocante: per liberare i genitori dallo zio, segno e causa della loro rovina, istiga Nicolas, il fratello troppo amato, a ucciderlo, ma perde anche lui. Le due morti paiono necessarie per la nascita di una nuova vita, quella del figlio che scopre di aspettare da Tiène, un estraneo capitato tra loro per caso e ora deciso a restare e sposarla. Tutto è cambiato, niente è cambiato: l'ordine silenzioso e inaccessibile del mondo è forse ristabilito, ma la noia resta, più fonda, più compatta di prima. Sarà questa, la vita tranquilla?
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