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La biografia di un bizzarro commerciante di gioie che si lega in società con Dio.
recensione di Pent, S., L'Indice 1997, n. 9
Il mestiere di mercante è stato sempre tra quelli che hanno dato modo agli uomini di sbizzarrirsi nel naturale talento dell'imbroglio a scopo di guadagno. Tutto è lecito purché le tasche non piangano miseria. Ben strana sorte, al contrario, fu quella toccata a Pierre Dumont, mercante parigino vissuto tra l'ultimo decennio del Seicento e il 1725. Traendo spunto da un fatto realmente accaduto - ricavato dalle "Cause celebri e interessanti" di Franìois Gayot de Pitaval - Pietro Spirito ricostruisce i momenti salienti del bizzarro destino di Dumont, che si mise in società col Padreterno.
Figura modesta ma inquieta, Pierre Dumont, incline allo studio delle scienze e votato alla solitudine, fin da piccolo è abituato a seguire il padre nei suoi giri d'affari, sostando in locande e stamberghe dove - parcheggiato negli angoli mentre il genitore s'intrattiene con clienti e donnine disponibili - osserva l'umanità bislacca che gli sta attorno. Mercante a sua volta per dovere ereditario, Pierre comincia a cercare il socio ideale con cui portare avanti - senza eccessiva convinzione - i suoi affari di commerciante di gioie. Gli uomini, si sa - specie se mercanti - badano soprattutto al proprio borsellino, e Dumont consuma numerose esperienze senza mai trovare un partner che si adatti alle sue esigenze, rimanendo vieppiù frodato senza scampo. Nel 1716 decide di tentare la sorte nella nuova terra, l'America, ma anche l" ricava solo delusioni, pur tornando con gli occhi e lo spirito arricchiti dalla vastità e dalla bellezza di quei luoghi. Solitario e pensatore, Pierre vive l'esperienza sentimentale più vera con Violette, una prostituta che lo ammaestra e gli fa quasi da madre. Ammalatasi lei, il nostro si risolve a sposare la giovanissima Laurette Deville e, soprattutto, a stipulare un grottesco accordo con quello che ritiene ormai l'unico socio ideale per i suoi commerci, cioè Dio.
Il resoconto narrativo di Spirito ripercorre la vicenda di Dumont sulla base di un processo postumo in cui la vedova rivendica i suoi diritti, menomati da quel simbolico contratto per il quale la metà degli averi del marito spetterebbe ai poveri. Gli avvocati Poisson e Blanchard, rispettivamente difensori di Laurette e della memoria testamentaria di Dumont, riesaminano le scelte del mercante cercando di rendere reale quella che, a ben vedere, sembrerebbe una beffa: il solo disquisirne rischia di ridicolizzare i contendenti. Ma la causa procede con tutti i crismi legali del caso, fino alla soluzione che non può in alcun modo contravvenire alle precise disposizioni stabilite dal defunto. A Laurette rimangono le briciole del patrimonio, a Dio - socio al cinquanta per cento - la parte spettante dal contratto.Parrebbe una favola, ma Spirito ci assicura che tutto ciò accadde davvero, in tempi di scoperte scientifiche e geografiche rilevanti, quando gli uomini cercavano le strade della conoscenza spesso solo attraverso le proprie capacità istintive. Infatti, come scrive l'autore, "Pierre Dumont, dopo aver a lungo vagato e conosciuto gli uomini e i loro inganni, s'accordò in società con Dio". Altri temi, uguali disinganni.
«Il 24 settembre 1719, all'età di ventinove, Pierre Dumont, commerciante di gioie, dopo aver a lungo vagato e conosciuto gli uomini e i loro inganni, s'accordò in società con Dio. Quel giorno di primo autunno, nella casa di Parigi, Pierre Dumont affidò alla penna lo sfogo della malinconia, e con l'animo di chi segna il limite estremo dello sconforto, scrisse sul suo giornale: "Mi son risoluto di contrarre una compagnia con Dio, promettendo e facendo voto di adempiere tutti gli articoli qui sotto accennati: ed impegnando gli eredi miei, quali essi siano, a tenore di questi articoli, in caso ch'io venissi a morte prima di adempierli da me medesimo"». Ne scaturì una paradossale udienza in tribunale tra gli eredi e Dio, una «disfida tra l'umano e il divino».
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