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Si entra piano, gradualmente, seguendo la via dei minimi passi dell’esperienza e la nostalgia di ciò che il ricordo non può contenere e fermare. Un lavoro di lima ha portato al tono ellittico di nominare gli istanti e credere ai particolari, al modo secco di vedere con onestà le cose, al senso asciutto di presentarle per quello che sono, senza pellicole luccicanti, con precisione e lucida attenzione. “Quando ti accorgi che le persone ti mancano? Quando te ne accorgi perdutamente?”: “E’ quando vieni a mancare nella testa di qualcun altro che l’altro ti manca”, risponde David che nomina per primo la secchezza della vita, l’asciuttezza della linfa vitale, il deserto della perdita e dell’indecisione, mentre si è intenti a “inseguire una qualche nostra idea attraverso e contro le avversità" o "un senso d'essere". E’ il racconto di vite schiette, secche nel senso che è la loro essenza, essiccata al sole degli attraversamenti delle difficoltà e all'alta temperatura delle scelte, a dare loro il sapore più concentrato, nell'evaporazione del liquido che scorre in esse. “E’ come tentare di orientarsi tra ciò che si è per le radici che ognuno porta e quel che si è per il presente e le radici che si tagliano”. Ma è qualcosa di più impersonale di ciò che David e Walter stanno per condividere: la differenza fra ciò che è importante, essenziale, irrinunciabile e ciò che lo è meno. I discorsi nati nel lampo dei colloqui, nel ritmo dell’avventura futura e nella retrospettiva del ricordo, nei contatti degli incontri e nei contrari delle fughe prospettiche di San Francisco, sono cresciuti fino a diventare una realtà percepibile. La vita non è secca, perché alla fine è la pioggia, l'esperienza accettata e attraversata a irrigarla, riconsegnandola alla vivida freschezza dell'emozione, forse all'innocenza. Siamo "tutti quanti noi puri", lavati dall'acqua dei contrasti, che arriviamo fino al fondo all'avventura, fino in fondo alla storia. E inizia un temporale.
Ho appena chiuso "La Vita secca" e la prima persona a cui ho pensato è stata Valentina. L'amica di Liceo, che odi e ami, quella che, nonostante tutto, ti riempie il cuore. La vita secca è il grido del tempo, la paura di crescere, urlata da ragazzi con la tendenza costante a cercare la vita, il conforto, a buttarsi in un'avventura solo per recuperare sensazioni lasciate alle spalle. Lo consiglio a quelle persone che hanno scordato di come si ama, perchè bisogna accompagnarle a sognare. La maggior parte dei nuovi libri mi annoia: o parla di tutto o parla di niente; qui c'è il compromesso, l'emozione. E dove c'è un'emozione (e talvolta una contraddizione) c'è sempre qualcosa da sapere. Su di noi.
"La vita secca" si legge senza pause, tutta di corsa. Dopo le prime righe ci si ritrova parte del gruppo di San Franci, ad aspettare Rosa la sera.....e si parte per l'avventura delle bottiglie seduti sul sedile posteriore della macchina di Walter. E David è come la mia amica Silvana e quei dialoghi mi ricordano i tempi dell'università....... Bella storia, davvero. Lieve e al tempo stesso profonda. E vicinissima a tanti, in primis la sottoscritta. Per le sue riflessioni sulla vita, su ciò che siamo e avremmo voluto essere. Sull'amicizia. Sul senso, comunque, che ha e che va dato alla propria esistenza, al di là di tutto. Sul sogno di fuga che a qualcuno resta dentro, sempre. Fuga dai luoghi, fuga da chi ci circonda, fuga da sè stessi. Grazie, ne avevo bisogno.
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