«Mia madre morì alla mia nascita. Mio padre in guerra, quando avevo circa undici anni. Fui allevato da una zia che si dimostrò molto buona con me. Poi morì anche lei e, con l’incoraggiamento di un amico assai colto e intelligente, venni a Vallona per studiare filosofia.» Può davvero, la vita, ridursi a un elenco di eventi che determinano chi siamo in maniera irreversibile e del tutto involontaria? È questa l’incessante, sottesa domanda che spinge il giovane Pintus a lasciare il mare e i “Tetti Rossi” di Oblenz per avventurarsi in una città di estranei, di desideri incerti e fuorvianti, rassicurante nella sua magnanima indifferenza. Il prezzo da pagare sarà la distruzione di tutto quanto c’era prima: affetti, illusioni, ricordi, amicizie, tutto cancellato da una necessità assoluta di autodeterminazione, di riconoscersi tra le pieghe della volontà altrui e le diversioni arbitrarie del Caso. Pubblicato da Einaudi nel 1975, La vita involontaria si pone nel solco della migliore letteratura mitteleuropea per atmosfere, sensibilità e intenzione. Prefazione di Ilaria Gaspari.)
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