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VALORI, NICCOLò, Vita di Lorenzo il Magnifico, Sellerio, 1992
LORENZO DÈ MEDICI, Tutte le opere, Salerno, 1992
scheda di Noce, M., L'Indice 1993, n. 4
In una delle più antiche biografie di Lorenzo de' Medici, composta da Niccolò Valori (1454-1528), uomo politico fiorentino legato ai Medici, a poca distanza dalla morte del Magnifico il "principe" è dipinto come politico d'eccezione, accorto amministratore di denaro pubblico e privato, valente cavaliere, fervente cristiano assai incline alla riflessione teologica, protettore di uomini illustri per l'ingegno, nonché "studiosissimo dell'architettura", cultore di musica e teatro, letterato e poeta di talento, versato in quasi tutti i generi, dalla poesia di ispirazione petrarchesca al trattatello, dal poemetto pastorale e comico-realistico alla sacra rappresentazione, dal componimento filosofico-religioso a quello di ispirazione classica. Al di là degli eccessi adulatori, questo ritratto di Lorenzo basta da solo a fornire motivi di sconcerto a chi voglia interpretare la sua personalità; di qui, da questa natura poliedrica, i dubbi e i dibattiti tra studiosi sulla vera natura del Magnifico, se fosse un politico prima che un intellettuale o viceversa, un tiranno o un "primo e ottimo cittadino", un dilettante di genio o un grande letterato.
Per limitarci alla sua produzione letteraria, fitta è la schiera di coloro che, incapaci di trovare nella sua opera un'unità di ispirazione, recalcitranti a collocare l'uomo nel suo tempo e nella sua cultura, poco inclini a un'accurata indagine filologica, hanno in questo secolo sottovalutato se non apertamente sminuito l'importanza del Lorenzo poeta. A partire dal ritratto di De Sanctis la sua poesia fu via via tacciata di artificiosità, dilettantismo (Fubini), superficialità (Croce, Flora), o giudicata per lo più mediocre (Momigliano). Alcuni critici hanno visto in Lorenzo il paradigma dell'incapacità di ricondurre a unità i molteplici aspetti del reale o vi hanno scoperto il "fascino di una personalità demidiata"; tutti, almeno fino a Sapegno, Pancrazi, Rossi lo hanno più o meno apertamente giudicato un dilettante. A queste interpretazioni si sono opposti, a partire dagli anni cinquanta, alcuni filologi, tra cui Emilio Bigi, Mario Martelli e Paolo Orvieto, i quali, resisi conto che "tutti i giudizi cristallizzati su Lorenzo nascevano dall'assurda premessa di una simultaneità produttiva", si adoprarono per una sistemazione cronologica delle sue opere; si è così potuta individuare nella produzione del Magnifico una coerente linea evolutiva che libera il campo dai contrasti e dalle antinomie riscontrati dalla critica precedente e rivela successive influenze: "ora di Pulci, ora di Ficino, ora dello stil novo, ora di Poliziano... realismo, platonismo e classicismo vengono così ad alternarsi in un'ordinata parabola evolutiva, senza più andare a costituire assurde polarità metastoriche".
Quest'evoluzione è brillantemente esposta da uno dei suoi artefici, Paolo Orvieto, nell'introduzione a "Tutte le opere" del Magnifico, pubblicata dalla Salerno con il patrocinio del Comitato nazionale per le celebrazioni del quinto centenario della morte del poeta: un'impresa che è il prodotto di quanto la filologia ha fatto per l'opera di Lorenzo negli ultimi quarant'anni. Quasi tutti i testi sono proposti nell'edizione critica più aggiornata, spesso ulteriormente riveduta e corretta; per i rimanenti si è fatto ricorso ai codici più autorevoli o a un confronto tra questi e la vecchia e inadeguata edizione curata dal Simioni. Ogni titolo è preceduto da un'ampia ed erudita introduzione; assai curati risultano gli indici e la bibliografia. Siamo insomma di fronte a quella che sarà l'edizione di riferimento dei prossimi decenni.
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