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Il libro che tutti dovrebbero leggere.
«Scopro di essere un sopravvissuto. Non in senso lato, in termini tecnici. I parenti dei suicidi vengono definiti “sopravvissuti”. Come i superstiti di un naufragio, di un terremoto, di una guerra, di un incidente stradale, di un’esplosione. Come chi si sia trovato a restare in vita, ad andare avanti quando tutto intorno a sé è stato spazzato via. Sopravvissuto. Nonostante tutto. Nonostante questo». La vita di chi resta, ultimo romanzo di Matteo B. Bianchi, forse il più intimo in cui la poetica del dolore e della sopravvivenza viene impressa in ogni pagina. È un memoir, Matteo è un survivors, un sopravvissuto al suicidio del compagno S. con cui ha passato sette anni della propria vita. Vent’anni dopo è arrivato il momento di fare i conti con il dolore, di sputarlo su carta, perché per gli scrittori la scrittura è un atto catartico, curativo, di condividere questa esperienza tragica con tante altre persone che hanno vissuto questa traumatica esperienza senza avere gli strumenti e gli aiuti per superarla. Come ci si comporta dopo il suicidio della persona da te amata? Si possono superare i sensi di colpa di non essere stato abbastanza per evitare che ciò accadesse? Non averne colto i segnali, i gridi di aiuto, le tracce di un suicidio annunciato, ma il più delle volte preso come segno di egocentrismo, di mera retorica del pietismo con funzione riparativa. Un romanzo intimo, sincero, covato per vent’anni in cui il tema del suicidio è il protagonista, e l’esperienza dei sopravvissuti e l’ennesima traccia di una ferita destinata a non chiudersi mai completamente. Gli si cambia spazio, forma, modalità relazionale, ma lei è lì pronta colpire anche quando tutto sembra superato e l’alba di nuovo giorno fa capolino da una finestra lasciata aperta quasi per sbaglio.
Sono d'accordo con chi ha dato 1 o 3 stelle. solo una domanda.. perché ce l'ha tanto con le casalinghe? e con le donne che lavorano e fanno fatica a farlo in un ambiente maschile? fortunato lui che è circondato da tante persone che si curano di lui io mi sto ancora leccando le ferite, da sola
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