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Anno edizione: 2021
Anno edizione: 2021
Dall'autrice islandese che ha incantato i lettori di tutto il mondo, un romanzo delicato e radioso sulla sfida piú importante di ogni essere umano: venire al mondo, e abituarsi alla luce.
«"La vita degli animali" è proprio il tipo di libro che serve al mondo adesso.» – Morgunblaðið
«Una voce unica nel panorama letterario islandese: con questo romanzo Ólafsdóttir accompagna i lettori attraverso le tenebre per condurli alla luce.» – Víðsjá
Un legame speciale ha sempre unito Dýja a sua zia Fífa. È proprio grazie a lei – e al richiamo di una lunga e tenace tradizione di famiglia – che Dýja ha deciso di diventare ostetrica facendo dello straordinario evento della nascita la sua missione. Da qualche tempo occupa l'appartamento al centro di Reykjavík che Fífa le ha lasciato in eredità, tra mobili e oggetti che hanno i contorni dei ricordi. Quando, in fondo a un vecchio armadio, Dýja ritrova uno scatolone dal misterioso contenuto, le parole che la zia le ha rivolto prima di morire si illuminano di un significato tutto nuovo...
I giorni che precedono il Natale sono tra i piú freddi dell'inverno islandese. E questa volta bisogna tenersi pronti a una tempesta eccezionale prevista per la notte della Vigilia. Dýja se lo sente ripetere dalla sorella meteorologa, preoccupata per i fenomeni climatici estremi cosí come per l'organizzazione della tradizionale cena festiva. Evento al quale Dýja non parteciperà perché, come al solito, è di turno. Ma a lei non dispiace: piú che un lavoro, il mestiere di ostetrica è una passione profonda. Quasi innata, giacché scorre nel sangue della famiglia da almeno quattro generazioni. Eppure Dýja da ragazza non sognava di seguire gravidanze e parti. Determinante per la sua decisione di lasciare gli studi di teologia è stata l'influenza della sorella di sua nonna, la zia Fífa. Dýja ha sempre amato e ammirato quest'anziana ostetrica dalle idee un po' eccentriche sul mondo e sulla vita, che ha esercitato per quasi mezzo secolo nel reparto maternità dell'ospedale di Reykjavík, lo stesso in cui lavora adesso Dýja. Qui Fífa, scomparsa da alcuni anni, è considerata un'istituzione, passata alla storia per i completini confezionati a maglia per ogni neonato, le deliziose torte allo sherry, le frasi enigmatiche sussurrate tra le culle. Da qualche tempo Dýja occupa l'appartamento che ha ricevuto in eredità da Fífa. Nonostante l'arredamento antiquato e l'impianto elettrico capriccioso, Dýja esita a rinnovare la casa, come se non volesse alterare la patina dei ricordi. Un giorno, in fondo a un vecchio armadio, ha ritrovato uno scatolone pieno di fogli dattiloscritti. La vita degli animali, La verità sulla luce, La casualità: sono le tre sezioni dell'opera, in apparenza incompiuta, che Fífa ha redatto con il suo tipico stile stravagante, scrivendo di nascita e morte, luce e tenebre, rapporti tra tutte le specie viventi. Piú Dýja procede in questa lettura complicata, piú le parole che Fífa le ha rivolto prima di morire si fanno chiare e il destino splende di un nuovo significato. Perché ogni tempesta arriva, e passa. E cede il posto nel cielo al fulgore di un'aurora boreale.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Il mio primo approccio alla letteratura islandese è con questo breve romanzo di Audur Ava Ólafsdóttir. Il perno della narrazione ruota tutto intorno a due fasi fondamentali della vita: la nascita e la morte, il buio e la luce. La protagonista Dija è figlia di due impresari di pompe funebri ( la morte) e come mestiere è ostetrica ( la vita ) come diverse donna nella sua famiglia, quasi come fosse stata una scelta naturale, obbligata. Dija lavora nell’ospedale di Reykjavik, dove ha lavorato per quasi quarant’anni sua zia Fifa che è recentemente scomparsa, una vera e propria eroina tra il personale dell’ospedale! Con sua zia ha sempre avuto un rapporto speciale al punto che è l’erede del suoi appartamento in città , quello in cui vive adesso, un appartamento pregno della presenza dell’anziana donna e dove Dija scopre tre corposi manoscritti redatti dalla zia e ricchi di aneddotti, riflessioni , diari , sull’umanità, sulla nascita e sulla morte. La trama del libro finisce qui, in questa lettura particolare ci vengono incontro pensieri , ma soprattutto domande, sulla nostra esistenza, sulla natura umana, proprio a partire dal parto, la più sfidante e complessa azione a cui siamo chiamati , da madri e da nascituri. Fuoriuscire dall’oscurità e venire alla luce è una missione che ci deve accompagnare lungo tutta la nostra esistenza, minata dalla morte, dalle malattie, dai comportamenti sbagliati, dalle ansie . La lettura ci lascia giustamente con molti interrogativi, su un racconto cosi soave ma carico e difficile , su misteri tenebrosi e su luce abbagliante
Qualsiasi cosa scriva la Olafsdottir è meravigliosa.
il libro in prima persona raccoglie le riflessioni di Dýja, una giovane ostetrica che ha continuato una tradizione familiare e che in particolare ha accompagnato sua zia Fífa, ostetrica anch'essa negli ultimi giorni di vita, ne ha ereditato non solo l'appartamento in cui vive, ma anche il carico di ricordi e di affetto della zia. In particolare la zia ha lasciato una raccolta molto voluminosa di scritti - dattiloscritti - che costituiscono una sorta di trilogia che forse sono un unico libro, la cui forma è quella di non avere forma - e che raccoglie le riflessioni della zia sul senso della vita, del venire alla luce, del posto dell'uomo nell'universo rispetto agli altri animali. La zia per anni oltretutto aveva scritto su giornali e riviste articoli dedicati al rispetto dell'ambiente, alla conservazione delle risorse naturali, anticipando molti dei temi della "rivoluzione verde". Il libro sembra non avere forma, non solo quella della zia, ma anche quello dell'autrice; Dyja ci trascina - con la solita delicatezza di Olafsdottir per la lingua e lo stile - in un percorso di cui facciamo fatica a cogliere la direzione. Rimane la percezione di una delicatezza, di un senso di rispetto per le persone (e gli esseri viventi) e per lo stile con cui narrare le loro vicende, ma il centro della narrazione non viene colto immediatamente. Il senso di straniamento rimane.
Recensioni
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