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Questo importante volume raccoglie una serie di racconti finora inediti in Italia composti da Bove tra gli anni Venti e Trenta. Molti dei testi sono coevi al primo romanzo di Bove, "I miei amici" tradotto da Beppe Sebaste per Feltrinelli e recentemente ristampato... Lo stile particolarissimo di Bove ha suscitato l'ammirazione, tra gli altri, di Rilke, Beckett e Handke, che ne consigliò la lettura a Wim Wenders: il regista, nel cortometraggio "Reverse Angle. New York City, March 1982" che si vede su youtube si filma mentre legge una copia de "I mei amici". Troverete il nome di Bove omaggiato nel "Dottor Pasavento" (2008) di Vila-Matas, ne "La carta e il territorio" (2010) di Michel Houellebecq... eppure lo scrittore francese è ancora poco conosciuto in Italia. Leggetelo, è geniale!!
Recensioni
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“Ci tengo subito a dire, per mettere il lettore a suo agio, che non sono pazzo”, prova a giustificarsi uno dei tanti narratori inaffidabili di Emmanuel Bove, fingendo di non sapere che la sua excusatio, al contrario, calerà subito chi legge in uno spazio fluttuante, stravolto, che ai più improbabili fantasmi della mente attribuisce tanta forza di convinzione da farne il centro di attrazione di altrettante realtà parallele, sospese nel buio crudele e claustrofobico di nevrosi senza riscatto.
Tra gli autori preferiti di Colette, Gide e Rilke, lodato più di recente da Peter Handke e Wim Wenders, Bove ha avuto finora una storia editoriale travagliata in Italia. Viene dunque utilmente a colmare un vuoto questa raccolta, che comprende sette testi, scritti tra il 1925 e il 1936. Da un racconto all’altro, si alternano nel volume figure di uomini e donne la cui percezione della realtà appare irrevocabilmente distorta: mariti gelosi, aspiranti suicidi, coppie che si lasciano, mogli fedifraghe, un figliol prodigo che si vergogna di tornare a casa.
L’abilità di Bove sta nel saper cogliere la dimensione infra-ordinaria di questi gorghi affettivi; i suoi racconti si interrogano sull’ossessione contemporanea per il controllo assoluto, e sulle sconfitte di un io che non si fida di ciò che lo travalica e, per difendersi dall’imprevisto, sceglie la strada del sospetto, lasciando dietro di sé solo macerie.
Eppure, al fondo di questa follia, alcuni dei pazzi di Bove vedono pure qualcosa che manca alla stanca quotidianità di chi li circonda, vale a dire la scoperta che le rassicuranti impalcature che fanno da cornice alle nostre abitudini sono decisamente meno solide di quanto potremmo pensare: “La luna era scomparsa e senza di lei, come senza una guida, le stelle sembravano tutte in disordine.”
Recensione di Luigi Marfè
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