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I due libri sono rappresentativi del carattere plurale dell’Islam per almeno tre ragioni fondamentali. Da un punto di vista etnico-linguistico i due autori non sono arabi, bensì persiani. Da un punto di vista dottrinale essi appartengono a una delle correnti minoritarie dell’Islam, lo sciìsmo, che è però maggioritario in Iran, dove i suoi adepti superano l’ottanta per cento della popolazione. Infine, il loro pensiero si colloca in quel movimento riformista che da oltre un secolo e mezzo anima, seppur in modo minoritario, le diverse correnti dottrinali dell’Islam. Khatami ha acquisito notorietà in Occidente in seguito alla sua elezione a presidente della Repubblica islamica dell’Iran. Mutahhari, scarsamente noto al di fuori del mondo musulmano, è un teologo, che ha avuto un ruolo di primo piano nella rivoluzione islamica del 1979, seppur per un tempo assai breve, in quanto fu assassinato in quello stesso anno. Sebbene l’oggetto dei due testi sia differente – politico quello di Khatami e teologico quello di Mutahhari –, si può agilmente trovarne un punto di contatto nella centralità che, sotto differenti aspetti, i due autori accordano al concetto di libertà. Mutahhari discute la questione del libero arbitrio, che anche tra i teologi musulmani è stata oggetto di disputa fin dai primi secoli. Da un punto di vista politico, tanto Mutahhari quanto Khatami si schierano in difesa delle libertà civili e prendono chiara posizione contro i sistemi di governo autocratici. Khatami sviluppa maggiormente questo tema, e chiarisce che i riformisti musulmani si pongono come una terza via, alternativa al rifiuto della modernità e al ripiegamento su un’ideale età dell’oro da un lato e all’assimilazione alla cultura occidentale dall’altro. Secondo Khatami la storia evolve in modo ciclico e i soggetti di tale evoluzione sono le civiltà. Secondo la sua analisi la civiltà occidentale sarebbe in fase declinante, e il compito di quella islamica consisterebbe nel succederle, raccogliendone le acquisizioni positive. Il prodotto risulterebbe dalla combinazione della dimensione morale e religiosa dell’Islam con la tutela delle libertà civili, eredità dell’Occidente. La via per la realizzazione di tale modello non può che essere per Khatami la democrazia, che egli intende in senso procedurale. Il sistema sarebbe pertanto istituito dal basso e il rispetto delle libertà negative garantirebbe la formazione di una volontà popolare libera da condizionamenti o imposizioni. In una tale prospettiva Khatami ritiene ammissibile che uno Stato islamico possa essere trasformato per volere della maggioranza in uno Stato laico. In quel caso la politica religiosa diventerebbe retaggio di una minoranza e, come tale, dovrebbe essere democraticamente rispettata.
Khatami, Mohammad, Religione, libertà e democrazia, Laterza , 1999
Mutahhari, Mureteza, La visione unitaria del mondo, Semar, 1998
recensioni di Turroni, G. L'Indice del 1999, n. 09
(G.T.)
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