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Anno edizione: 2018
Anno edizione: 2017
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Parte 4 Come allora pretendere di poter convalidare autoritario un lavoro a senso unico quale questo, che omette e non omette spudoratamente a seconda del giovare o meno i propri studi, quasi come se anziché partire da dati ed analisi, si cercassero in questi il sostegno della posizione presa a priori (per non parlare della parte sulle statistiche mostrate, nella quale si arriva addirittura a negare l'evidenza stessa dei valori, giustificando i dati con valori in diminuzione con frasi quali: "sono di meno quelle che lo denunciano" o che "le stastiche non tengono conto di..." senza mai dimostrazione. Se si rivendica una sua legittima autorità, senza troppo girarci attorno, questa è chiaramente influenzata a senso unico, risentita e fortemente ideologica. Ma incoraggio la lettura per prenderne coscienza. Peggio sarebbe ignorare il pensiero intellettuale moderno sul tema. Soprattutto alle donne. Paradossalmente l'unica recensione di questo libro è al momento di un uomo. Ovviamente indirizzato agli interessati e simpatizzanti alle politiche sociali di sinistra post proletarie intersex/femministe, le quali hanno rivendicato e rivendicano la riduzione della donna ad oggetto per identificare e descrivere: il soggetto aggredito, l'aggressore maschio, la violazione e la repressione, ma ammettendo e semplificando la tendenza dominante dell'essere umano incarnato esclusivamente nella violenza carnale di uomini contro donne (ma Pasolini con il saggio: La donna è non è vuna slot machine, lo descrisse meglio anni prima). Non esiste altra violenza che questa. Non esiste altro aggressore che l'uomo (maschio). Non esistono violenze di genere se non nella violazione della sfera intima femminile da parte del maschio...
Parte 3 Qui invece avviene un elenco quantitativo di ingiustizie ed accaduti ingiustificabili, ma che riducono l'analisi a mera accidentalità barbarica tra uomini: riconoscere una società e una civiltà globale patriarcale, ad esempio, nella quale però l'identità femminile è l'unica soffocata da questa, vittima cioè sacrificale, costante e che "gioca" come attore sociale inferiore, sono contraddizioni della stessa rappresentazione della società umana e dell'identità femminile, dal momento che si presuppone esclusivamente il maschio atto solo al potere, legato solo alla coercizione/repressione sessuale della donna e al ruolo chiave della sua plasmazione culturale. Tradotto: il maschio fa di sé un uomo solo attraverso la donna, che ne fa un femmina da delegittimare e domare. La donna rimane tale sino al momento in cui non accade che qualcuno la declassa a femmina. Questo fin da subito o lungo la sua vita. Una conclusione veloce e frettolosa per un problema forse più grande anche se "banale", in quanto al di sopra del senso morale e di ogni razionalità etica come ho indicato prima; come se gli autori di tali violenze riflettessero su tutto ciò perché in crisi esistenziale e in cerca di legittimazione. Allo stesso tempo, non si evince nessuno studio sui "carnefici", come se fosse superfluo chiedersi il perché o ad andare a cercare per lo meno delle ragioni, anche solo da contestualizzare e sconfessare.
Parte 2 Eppure un bel numero di scandali mediatici di violenza domestica sono stati perpetrati spesso da sole donne verso altre donne, partecipando o supportando i peggiori crimini. La tesi che ne si ricava, infine, è che la violenza della donna è frutto di azioni singolari e quotidiane di singoli o di ristretti gruppi di uomini (branchi), spesso, anzi qui solo a scopo sessuale, di punizione o di reclusione (un solo capitolo di uno studio di un'altolocata aristocratica chiusa a chiave...). Solo uomini. Collettività, realtà e i perché spesso del tutto assenti. Non era meglio forse chiamarlo "la violenza carnale degli uomini contro le donne"? (In tal caso però rimando alla Arendt e alla sua triste considerazione del perché un'esistenza aggredita non possa beneficiare (e rivendicare) dello status di vittima di violenza e violazioni se, chi le ha perpetrate, è vissuto o ha incarnato una realtà nella quale la vittima non è stata considerata "una persona": la continua assenza di diritto"naturale" di riconoscere persone tutti gli individui non ammette la violazione su quest'ultimi (cfr. Sulla Violenza, 2009). Possiamo denunciarlo e rivendicarlo per legge. Ci verrà riconosciuto. Ma l'accaduto inevitabile dimostra il contrario e che alla base è il riconoscimento dell'identità naturale che è venuto a mancare, ovvero il mancato riconoscimento come persona, ma sempliceme femmina. No donna da declinare e ridurre a femmina, ma "femmina" in principio. Fuorvianti perché l'oggetto dello studio e la sua trascrizione dovrebbero rimanere imparziali da convinzioni ideologiche radicali e coinvolgimenti (pur con lo spazio di astenerci, per carità) che narrano, spiegano e misurano qualitativamente.
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