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Quanta forza e quanto coraggio c’è in Vincenzina, uguale a suo padre, forte e battagliera, che all’improvviso diventa capo famiglia di una di quelle tante realtà sofferenti che perdono un congiunto per colpa della fabbrica che dà lavoro e vita, ma spesso uccide. La fabbrica di Bagnoli al centro di “Vincenzina ora lo sa” per un romanzo intenso, empatico, sul femminile e sulla capacità di ricominciare. Vicenzina, brillante studentessa universitaria è figlia di quel proletariato che ha fatto delle lotte di classe la personale lotta di resistenza, è figlia di un operaio amato dai suoi colleghi, sempre pronto a darsi all’altro nel bisogno. Sua madre vive nel mito di un marito amato fina dal primo sguardo e nel suo ricordo continuerà a trascinare giorni lenti senza quasi guardarsi intorno. Sua sorella, trova il modo sbagliato per uscire da una realtà di assenze e di povertà e lei, Vicenzina, sarà presto a capo di una famiglia da seguire passo dopo passo, da sostentare col misero stipendio che la fabbrica gli ha offerto dandole la possibilità di entrare in quel luogo che è stato quotidianità della vita di suo padre. Il libro alterna il racconto delle lotte sociali di Vincenzina che oltre alle lotte per migliorare le condizioni di lavoro della fabbrica, ha anche il coraggio di manifestare a Roma a favore per la legge sull’aborto, alla storia personale di una ragazza catapultata nella vita degli adulti, alle prese con una sorella ribelle e una madre assente che continua ascrivere bigliettini al suo uomo sperando in una risposta che sia presenza. Vincenzina troverà conforto nelle nuove amiche della fabbrica: Piera, che è la caporeparto pulizie e che ama Pasolini, Anna, Elena, ognuno con il suo portato di sofferenza, negli occhi la speranza di giorni migliori. La speranza sarà compagna di Vincenzina che alla fine del libro “ora lo sa” e saprà quale sarà il suo posto nel mondo conquistato con i denti e con la forza.
Vincenzina ora lo sa è un romanzo che mi tocca da vicino perché io a Napoli ci vivo e anche se ero piccola, ho conosciuto la storia dell’Italsider di Bagnoli, di come la gente ci lavorava e ci moriva e di come, poi, è stata chiusa, distruggendo completamente il mare circostante, e l’ambiente. Il libro di Maria Rosaria Selo, ambientato nel 1975, è pieno di storia vera e di una protagonista, Vincenzina, che da un giorno a un altro, è costretta ad abbandonare la sua carriera universitaria, il suo futuro luminoso e lontano dal marciume in cui sguazza la città di Napoli, perché suo padre muore di tumore, dopo aver lavorato per tanti anni proprio nell’Italsider, questa famosa e mastodontica acciaieria a cielo aperto che fornisce lavoro a mezza città. Lo squarcio che l’autrice ci regala, non ha sogni né illusioni. Sin dalle prime pagine entriamo di botto nella vita di questa giovane donna e smettiamo di raccontarci fandonie, perché è solo la verità quella che abbiamo davanti. Uomini e donne che lavorano senza tregua, che si ammazzano di fatica, che provano a ribellarsi per le condizioni oscene di lavoro in quei cantieri dimenticati da Dio, dove si pensa solo a produrre senza tener conto della salute di chi ci passa l’intera giornata. Per un essere umano, il lavoro è sacrosanto, però, diamine, questo lavoro deve anche essere rispettato, e ascoltate, deve essere rispettabile. Una lettura che ti apre la mente, che ti fa riflettere proprio come piace a me. Che non ti regala sogni da idealizzare o speranze con cui sfamarti, ma solo la cruda vita che si rialza da sola dopo essere caduta. Che si rialza anche se si è spezzata per capire come funzionano le cose di questa terra. Terra marcia. Terra inquinata. Terra sacra. Terra. Vita. MIA.
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