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Denso. Interessante. Per certi aspetti intelligentemente didascalico. Manca però qsa a livello "logico", essendo non un saggio ma un romanzo. Il profilo psicologico e quello che in realtà il padre ha fatto nella seconda guerra mondiale non è effettivamente verificato, ma solo supposto. Quindi la scelta del suicidio mi pare un po' 'drastica', poteva essere effettivamente un aguzzino, ma poteva anche non esserlo stato...
Bello e toccante. Non e' solo un romanzo di formazione, e' anche una spiegazione ficcante della ripetibilita' eterna del male. Mi spiego: da un lato c'e' un giovane franco-algerino che scopre l'identita' del padre, assassinato da terroristi islamici durante la guerra civile algerina. Era tedesco, membro delle SS, scappato in Egitto sul finir della guerra grazie al gruppo ODESSA e stabilitosi poi in un villaggio della Kbilia. Di tutto questo non ne sapeva niente. Compie delle ricerche approfondite, capisce tutto e si sente addosso il peso della shoah. Dall'altro c'e' il fratello, un piccolo scapestrato della periferia urbana francese che leggendo il diario del suicida si rende conto di quanto sia infinita la miseria umana. Se c'e' un Dio su questa terra ha fallito di sicuro, pensa. Vede all'opera imam e sheikh fondamentalisti nel suo quartiere che reprimono le liberta' e minacciano rappresaglie neanche tanto divine. Perche' diffondono il verbo dell'odio, oltre che la violenza, per far sparire una volta per tutte il lumino della ragione. E qui arriva il punto: le ideologie fondamentaliste vivono di fede cieca e obbedienza assoluta, nazi o islamiche che siano non importa, e hanno per obiettivo l'annichilimento dell'individuo. Grazie a Primo Levi e le verita' da lui esposte in Se questo e' un uomo che la sua mente si illumina. Ma lui e' piu' lucido del fratello, e anziche' suicidarsi affronta il nemico con la gandurah. Lo azzera con la forza della ragione. Provera' a far proseliti tra i ragazzi del suo quartiere con coraggio e intelligenza. Mille ce ne vorrebbero di questi eroi.
è la storia di due fratelli, raccontata attraverso i rispettivi diari, di madre algerina e padre tedesco, che, a seguito dell'assassinio dei genitori, iniziano un percorso nel passato che li porta a scoprire il coinvolgimento del padre nello sterminio degli ebrei nei campi di concentramento durante la seconda guerra mondiale. Lo sconvolgimento per la scoperta porta il fratello maggiore al suicidio e il minore ad una ribellione, vivendo nel suo quartiere francese una sorta di immedesimazione con gli integralisti islamici che vi spadroneggiano. Quello che non mi ha convinto è lo snocciolamento di una serie di descrizioni morbose dei campi di concentramento che, a differenza del protagonista completamente ignorante, il lettore conosce già molto bene. Inoltre non sono riuscita ad immedesimarmi nella disperazione dei protagonisti che portano sulle spalle i delitti del padre come se fossero stati loro stessi a commetterli tanto da portarli ad un totale annullamento psicologico e alla depressione. Trovo che una semplice indignazione sarebbe stata sufficiente, visto anche il completo distacco che si era creato coi genitori da ormai molti anni.
Recensioni
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"Siamo responsabili delle colpe dei nostri padri, delle colpe dei nostri fratelli e dei nostri figli?". È questa la domanda intorno a cui ruota Il villaggio del tedesco, l'ultimo romanzo di Boualem Sansal, uno scrittore algerino che ormai da dieci anni denuncia i mali peggiori del suo paese, come la corruzione del governo e la diffusione dell'integralismo islamico. Molto lodati in Francia, i suoi Le Serment des barbares (1999) e Poste restante: Alger (2006) hanno scatenato furiose polemiche in patria, tanto da venire messi al bando. In Italia, Sansal si presenta per la prima volta con quest'opera, che prende spunto da due circostanze reali: gli eventi che hanno portato un ufficiale delle SS a nascondersi in un villaggio dell'Algeria interna per sfuggire alla giustizia, e il massacro di Ain Deb, perpetrato da un gruppo di terroristi islamici il 25 aprile 1994. Sansal riflette sulle distorsioni connesse con il modo in cui la Shoah è raccontata in parte del mondo arabo, sulle verità nascoste della guerra di liberazione algerina, sulla difficile integrazione degli immigrati in Francia. Il suo obiettivo è quello di ripensare la nozione di identità fuori da ogni illusione consolatoria. "Il dramma è che siamo un'unica catena, scrive non si può uscirne senza spezzarla e scomparire".
Protagonisti del romanzo sono Rachel e Malrich, i due figli di Hans Schiller, il soldato tedesco, e di Aicha, la ragazza berbera sposata a Ain Deb. Fin da piccoli, entrambi sono spediti in Francia, dove però prendono strade diverse. Rachel diventa ingegnere, sposa la bella Ophélie e inizia la sua carriera in una multinazionale. Malrich vive di espedienti in un quartiere di immigrati alla periferia di Parigi, spadroneggiato da imam integralisti. La vita cambia quando Rachel viene a sapere che i genitori sono stati uccisi in un attacco terroristico. Decide allora di andare in Algeria e inizia il lungo viaggio che lo porta a scoprire il passato della famiglia. Le colpe non espiate dal padre si trasformano per lui in un'ossessione totalizzante, che gli fa perdere il lavoro, la moglie e lo conduce a togliersi la vita. Dopo aver letto il diario del fratello, anche Malrich va a vedere la tomba dei genitori. Conoscere il passato lo spinge però verso un'altra soluzione. Quando torna in Francia, riflette sulle affinità tra la logica nazista e quella del terrorismo islamico e si convince che gli individui non devono piegare la testa davanti al destino (il maktub), ma provare a cambiarlo. "Se mi chiedono: e tu cosa farai?", afferma, dopo aver trovato il coraggio di accusare gli sgherri jihadisti del quartiere: "Risponderò: dire la verità, dovunque nel mondo. Poi si vedrà".
Boualem è un nome di origine berbera: significa "stendardo". In realtà, l'autore non ha mai voluto essere un simbolo. Il suo destino di esule in patria rappresenta però le difficoltà di tutti gli intellettuali che provano, nell'Algeria di oggi, a dimostrare la possibilità di un islam generoso, tollerante, aperto. Nel Villaggio del tedesco, Malrich vede il quartiere parigino in cui vive deteriorarsi ogni giorno, fino a non sapere più se "levare le tende e andare a morire altrove" oppure "resistere e combattere". Lo stesso dilemma da qualche anno tormenta anche Sansal, che è costretto a testimoniare di persona, fino alle estreme conseguenze, la verità delle sue storie. Ma che, nonostante questo, continua a vivere nel suo paese, per tenere "un piede nella realtà" e raccontare tutto quello che vorrebbe fosse diverso. "La differenza fra ieri e domani scrive è il giorno di oggi": l'unica cosa certa è che "non si sa mai come finirà".
Luigi Marfé
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