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Anno edizione: 2004
Questo libretto di Michea, che insegna a Montpellier, è una combinazione di oneste intenzioni di denuncia culturale e politica e di una vocazione non proprio commendevole a gonfiarle al di là del sopportabile. Michea ce l'ha con il capitalismo e con la sinistra che ne ha introiettato l'immaginario, vendendo l'anima al mito dell'industrializzazione e della modernità, dimenticando le autentiche istanze popolari e di base degli "operai della lip o dei contadini del Larzac (poi diventati, grazie all'intellighenzia illuminata, un'improbabile coalizione di 'cafoni' o di 'deschienes'", a vantaggio dei radical chic di "Le Monde" e "Liberation" e dei "vari emuli di Jean-Paul Gaultier, di Emmanuelle Béart o di Pierre Arditi". Il problema è che quel che si poteva riassumere tranquillamente in un articolo molto breve viene qui trascinato per oltre cento pagine. Beninteso, il libro non è privo di annotazioni acute o di utili riferimenti bibliografici, ma lo zibaldone di citazioni che lo compongono produce non di rado effetti di stordimento sul lettore, per l'accumulazione disinvolta dei materiali, dalla storia del pensiero (Skinner e Pocock) alle scienze sociali (Taguieff), che lo caratterizza. Soprattutto, il succo c'era già tutto o quasi nell'opera di colui che è stato il punto di riferimento centrale di Michea, ovvero il compianto storico statunitense Christopher Lasch, come mostrano le prefazioni alle edizioni francesi di alcuni lavori di Lasch, scritte da Michea, che le ripropone qui nella terza e ultima parte del volumetto.
Ferdinando Fasce
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