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PISERCHIO, SALVATORE / PARAVEL, DOMINIQUE, Les Mots pour le dire. Grammaire de la langue française
PISERCHIO, SALVATORE / PARAVEL, DOMINIQUE, Les Mots pour le dire. Études de syntaxe
BARONE, CHARLES, Viceversa. La grammatica francese e il tradurre. Morfologia
AA.VV., Dictée plus
recensione di Ansalone, M.R., L'Indice 1997, n.11
La distinzione tra grammatica "esplicita" e grammatica "implicita", o meglio tra grammatica "explicitée," che fa ricorso a un metalinguaggio descrittivo coerente, e grammatica "implicitée", più o meno sottesa alla presentazione della lingua, ha generato diverse tipologie: grammatica "descrittiva", che rende conto scientificamente del funzionamento della lingua, secondo le teorie linguistiche di volta in volta privilegiate; grammatica "d'apprendimento", costruita e interiorizzata dal discente a partire dalla propria lingua e dalle eventuali altre lingue straniere conosciute (donde la nozione di "interlingua"); grammatica "pedagogica", "di insegnamento", più eclettica e orientata in senso contrastivo, comprendente tutte le pratiche che caratterizzano la didattica della lingua straniera, i tipi di attività ed esercizi proposti, l'immagine più o meno normativa o comunicativa della lingua che l'insegnante trasmette.
Gli anni ottanta, caratterizzati da un "flou" metodologico, sostituirono alla rigidità dell'audio-orale e dell'audio-visivo prima maniera la grande libertà della grammatica nozionale-funzionale. Nella seconda metà degli anni novanta, invece, la grammatica, pur senza riproporsi come grammatica normativa - con buona pace del caro vecchio Grevisse - prende la sua rivincita e tenta di soddisfare le esigenze di riflessione teorica, esplicita, nell'apprendimento dell'adulto. Si tratta di grammatiche destinate soprattutto all'ambito universitario, che apparentemente bypassano l'analisi dei bisogni, la definizione degli obiettivi e poco curano l'"interculturel".
La premessa di Piserchio e Paravel annuncia infatti senza remore "un tipo di analisi 'tradizionale'" e "un manuale di riferimento che contenga le famose 'regole di grammatica'", anche se il processo cognitivo evocato appare deduttivo e non induttivo e anche se non si dimentica che "non esistono regole di morfosintassi avulse da un modello di comportamento culturale".
E tradizionali appaiono la separazione tra morfologia (pp. 41-304: in italiano) e sintassi (pp. 305-649: in francese), gli esercizi collocati alla fine di ogni argomento, l'uso infine di un metalinguaggio collaudato, come quando si parla di "lingua corrente", in barba a tutte le distinzioni teoriche di questi ultimi anni.
Ma ben presto elementi innovativi saltano agli occhi: la rubrica "Differenze d'uso tra l'italiano e il francese" introduce una riflessione sintattica e contrastiva all'interno della trattazione morfologica e i riquadri denominati "Note" - ma inseriti nel corpo della pagina - mettono in rilievo le variazioni diastratiche e diafasiche, forme colloquiali e familiari che stravolgono sovente le regole del "Bon usage".
Nella seconda parte, gli esempi fabbricati scompaiono quasi del tutto, lasciando il posto a una vastissima esemplificazione tratta da classici dell'Ottocento e del Novecento, senza disdegnare articoli di quotidiani e di settimanali colti. Ma non basta: le "Études de syntaxe" si presentano come un vero e proprio trattato di traduttologia, con testi di autori italiani del Novecento anche contemporanei, proposti e discussi in traduzione secondo il metodo della stilistica comparata di Vinay e Darbelnet, senza mai cedere all'approccio impressionistico-creativo. La citazione di tanti microtesti tratti da classici francesi rinforza sempre il confronto, mentre la bibliografia permette sempre di rintracciare le fonti.
Ancora più orientata agli utenti delle lauree in lingua e letteratura francese, "Viceversa" si presenta come un primo volume, limitato alla sola morfologia - con l'esclusione delle preposizioni e degli avverbi - e redatto interamente in italiano: questa scelta, coraggiosa e apprezzabile da parte di un non italofono, un po' meno ci convince se si pensa che il corposissimo manuale è destinato a formare i futuri utilizzatori di strumenti per l'insegnamento rigorosamente in lingua straniera (nelle sezioni bilingue delle scuole medie, negli istituti tecnico-commerciali e nelle rare sperimentali dei licei): non avrà giocato a sfavore dell'esposizione in francese un qualche residuo di snobismo, diffuso nelle facoltà di lettere dove si enfatizza l'approccio filologico (e letterario) a scapito della padronanza della lingua parlata?
Ma l'approccio filologico è pure il punto di forza di questo pregevole manuale: di ciascuno dei nove argomenti in cui è suddiviso vengono forniti gli "spunti etimologici" che, collocando articoli, pronomi, ecc. nell'ambito dell'evoluzione delle lingue neolatine e romanze, consentono di meglio coglierne convergenze e "Contrasti": questo il titolo della seconda parte di ogni capitolo, che presenta traduzioni "ufficiali" di testi letterari (approccio traduttologico), a loro volta suddivise in "Traduzioni dal francese" e "Traduzioni dall'italiano". Ricca pure la terza parte con esercizi applicativi, dai più nuovi e manipolativi (soprattutto completamento e trasformazione), a quelli di tipo traduttivo ma rivisitati ("Completare tenendo conto della traduzione italiana", "Completare l'originale francese con il sostegno della traduzione"...). Molto interessante infine la scelta di non relegare a un capitolo introduttivo fonetica (e fonologia) e di proporle invece a conclusione di ciascun argomento, presentato sia nel suo funzionamento nel codice dello scritto sia in quello dell'orale.
I dettati ovviamente propongono, ancora una volta, testi di classici (Reverdy, Nerval, Ponge, Prévert, Baudelaire...), certo molto amati dai giovani, ma inevitabilmente lontani sia dai temi dell'attualità culturale, sia da quelle varietà gergali o comunque giovanili, tanto diffuse oggi in Francia.
"Dictée plus" cerca di recuperare almeno il primo settore (con testi di pubblicazioni periodiche o di tipo argomentativo, come "La banlieue rouge", "La dictature douce des médias", "L'École et l'entreprise"...) e, respinto l'ostracismo contro l'esercizio del dettato - ma quanto non vi aveva contribuito l'imminenza sempre annunciata e sempre rinviata di contestate riforme dell'ortografia? -, lo ripropone come esercizio utilissimo a rinforzare e verificare la padronanza globale dei codici strutturali della lingua (comprensione, segmentazione della "chaîne parlée" e riproduzione ortografica), con "consignes" tecniche da rispettare (tempi di lettura, di dettatura, di scrittura; pause, intonazione, ecc.) e obiettivi da individuare per la valutazione (errori di ortografia, di fonetica, di morfosintassi, di padronanza del lessico).
I primi nove capitoli si articolano così sui principali problemi fonetici per italofoni, mentre la maggior parte dei rimanenti quindici è incentrata su problemi morfosintattici e solo alcuni sulla formazione di nomi e avverbi o su specificità lessicali. Un dettato autentico ("bruité") con correzione commentata conclude la serie.
Tra le tante proposte interessanti, la "dictée grammaticale ou "dictogloss"" sembra "boucler la boucle" di questo nostro percorso: esercizio di gruppo (si prende nota del testo ascoltato per ricostruirlo insieme), permette di verificare le competenze grammaticali (occorre rispettare coerenza grammaticale e coesione logica), ma anche di attivare la creatività del discente e l'interazione nell'apprendimento (il testo finale viene ridiscusso in una correzione collegiale col professore).
Si può allora concludere con Jacques Monod - e con Charles Barone che lo cita - che: "La nouveauté se fait par arrangement inédit de choses anciennes"!
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