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Viandante socialista
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1993
1 luglio 1993
322 p.
9788872840467

Voce della critica


recensione di Bongiovanni, B., L'Indice 1993, n. 9

Nel settembre del 1848 iniziata ormai la fase declinante della rivoluzione tedesca, la dieta di Francoforte, che nelle intenzioni dei liberali fungeva da fragile parlamento del sempre più improbabile futuro stato democratico unitario, si trovò inevitabilmente in contrasto, mentre la reazione rialzava la testa, con il regno di Prussia. Il 25, senza grandi clamori e senza risultati, insorse allora Colonia, dove Engels si trovava e dove veniva pubblicata la "Neue Rheinische Zeitung", il giornale di Marx che portava come sottotitolo "organo della democrazia". Lo stato d'assedio che ne seguì costrinse Engels a emigrare per sfuggire all'arresto. Fu emanato allora dal procuratore di stato un mandato di cattura. Il giovane Engels, nell'ordine di comparizione del 3 ottobre, risultò descritto così: "Professione: commerciante; luogo di nascita e abitazione: Barmen; religione: evangelica; età: 27 anni; altezza: 5 piedi e 8 pollici; capelli e sopracciglia: biondo scuro; fronte: normale; occhi: grigi; naso e bocca: proporzionati; denti: sani; barba: bruna; mento e volto: ovale; colorito: sano; statura slanciata". Un successivo mandato di cattura, del 6 giugno 1849, appannando il mito della proverbiale meticolosità della polizia prussiana, faceva scendere l'altezza a cinque piedi e sei pollici (Engels era in realtà alto un metro e 79 centimetri), lo descriveva biondo con gli occhi azzurri e aggiungeva, tra i segni particolari: "parla molto veloce", cosa evidentemente temibile per i tardi poliziotti prussiani, "ed è miope". Un gran bel ragazzo, come si suol dire: brillante, un po' sfacciato, ma con stile, amante di tutti i piaceri della vita, borghese generosamente pronto a disfarsi del suo, ma senza sensi di colpa piagnoni e senza abbandoni al culto autoflagellatorio del miserabilismo, dotato di 'charme', 'bohémien', quando è il caso, ma senza l'ideologia uggiosa e fricchettona della 'bohème', atletico, un tipo che suscita invidia, di quelli a cui tutto riesce facile, apprezzato da signore e signorine, appassionato senza eccessivi fanatismi romantici di musica, di teatro e delle grandi letterature europee, efficace disegnatore, straordinario giornalista, abile nelle faccende pratiche, capace come commerciante e come industriale, dotatissimo per le lingue, gran conoscitore di storia e di economia, rapidissimo nell'apprendere tutte le novità scientifiche, germanicamente un po' pedante nell'esibire le conoscenze acquisite nelle più svariate discipline.
Dopo i moti di Colonia, comunque, Engels riparò a Bruxelles. Riconosciuto, e giudicato sgradito, fu accompagnato in cellulare alla frontiera ed espulso dal Belgio. Il 5 ottobre del 1848 Engels era già a Parigi, una città ancora provata dalla brutale repressione della rivolta operaia del giugno precedente. Non c'era nulla da fare nella capitale francese. Era necessario tornare in Germania e raggiungere Marx a Colonia, nella speranza, che si sarebbe poi realizzata, di una revoca del mandato di cattura. Fu così che Engels si mise immediatamente sul piede di partenza verso la Svizzera, da dove poteva più facilmente rientrare in Germania. Non aveva soldi, ma aveva tempo ed era un eccellente camminatore. Decise così di fare il viaggio a piedi sino a Ginevra, dove arrivò il 24 ottobre. Per nostra fortuna lasciò uno straordinario diario di viaggio destinato al 'feuilleton' letterario della "Nene Rheinische Zeitung", rimasto incompiuto e pubblicato postumo da Kautsky nel 1898-99 sulla "Nene Zeit". Questo breve testo, dal titolo "Von Paris nach Bern* (Da Parigi a Bema), costituisce il pezzo forte e più gustoso della bella antologia di Engels viaggiatore curata da Nicolao Merker, che vi ha anche preposto un esaurientissimo saggio introduttivo.
Il diario quarantottesco di Engels è un inno bellissimo alla Francia rurale e insieme una severa requisitoria contro l'"idiotismo rustico" (per usare l'espressione del "Manifesto") e l'isolazionismo sociale dei 'paysans', dei contadini francesi, le cui case, nota Engels camminando, hanno sempre la porta d'ingresso, simbolo dell'apertura al mondo, dalla parte opposta rispetto alla strada. La 'belle France', comunque, è un paese fortunato, con tre mari, cinque grandi fiumi, un clima quasi tedesco a nord e quasi italiano a sud, con frumento, granoturco, riso, olio, lino seta, "e quasi dappertutto il vino", che Engels, da buon renano, sempre preferisce a qualunque birra tedesca. Le ragazze francesi, le contadinelle che non aspettano altro che di essere 'déniasées' (smaliziate), sono naturalmente incantevoli. Certo, Parigi è un'altra cosa, con il suo popolo a un tempo epicureo e spartano (Alcibiade e Leonida insieme), ma ormai le granate di Cavaignac hanno fatto saltare in aria l'invincibile allegria parigina. "Non si lascia volentieri la Francia", commenta ad ogni buon conto Engels, e così il suo vagabondaggio si fa tortuoso, quasi "turistico", sempre "etnologico". Predominano, prima di arrivare in Borgogna, la Senna e la Loira, l'acqua prima del vino. Ed è qui che il contadino francese, nonostante sia assai più evoluto rispetto a quello renano e a quelli dell'Est tedesco ed europeo, viene definito "il barbaro in mezzo alla civiltà". Ha fatto la Grande Rivoluzione per isolarsi nel suo appezzamento privato, è diffidente nei confronti degli stranieri e odia gli operai delle grandi città, parassiti che fanno lievitare le imposte che taglieggiano le campagne. Engels sa già, con due mesi di anticipo, che i contadini, con la loro "ottusità cocciuta" e la loro "testarda stupidità", pretendendo di salvare la Francia, eleggeranno Luigi Napoleone presidente della repubblica, "un grande nome portato da uno stolto minuscolo, vanitoso e confusionario". La Borgogna, però, ammansisce poi Engels, anche perché il borgognone è un po' "l'austriaco francese", ingenuo, bonario e fiducioso, proprio come sono i viennesi rispetto ai prussiani e in genere ai tedeschi del Nord. Qui Engels, d'altra parte, ritrova la tanto inseguita "repubblica rossa", che non è però quella giacobina dei 'buveurs de sang', ma la gran repubblica della vendemmia borgognona. Nessun paese, dopo tutto, ha un insieme tanto armonico quanto la Francia del Sud, la compagnia "più lieta", l'uva "più dolce" e le ragazze "più belle", certo più affabili, queste ultime, delle "vitelle di bufalo", ruvide e maldestre, incontrate tra Senna e Loira. A questo punto, purtroppo, mentre i vigneti, lontanissimi dalla rivoluzione europea, si susseguono in un autunno interminabile, il diario si interrompe.
È comunque assolutamente eccezionale il talento descrittivo profuso da Engels nei suoi resoconti di viaggio, siano essi corrispondenze giornalistiche o lettere ad amici e parenti. Nei testi raccolti da Merker si ha a che fare, per gli anni giovanili (1839-42), con il pietismo bigotto della valle della Wupper, con il filisteismo dei grassi commercianti di Brema, con la brughiera "ebraica" del profondo Nord tedesco, con il paesaggio "calvinista" dell'Olanda, con la prosaica burocraticità dei prussiani, con il mare 'naturaliter' "panteista", con l'Inghilterra che sembra fatta apposta per essere attraversata in ferrovia. E poi ancora una visita al paese di Sigfrido, "rappresentante della gioventù tedesca", e una poesia di Petrarca tradotta lì per lì in tedesco, benissimo, da un'altura sopra Zurigo. Negli ultimi anni, dopo l'esilio di Londra, città odiosamata e però mai più abbandonata, ancora viaggi: entusiasmo per la natura della Norvegia (dove il Nostro si esprime in danese!), turismo in Stati Uniti e Canada, e ancora Svizzera, Austria e Germania, nell'ultimo viaggio del 1893, due anni prima di morire. In quest'occasione dichiara il suo compiacimento per lo sviluppo del Reich tedesco, ma non nasconde l'ammirazione per la vivace bellezza di una delegata austriaca al congresso di Zurigo dell'Internazionale (che lo sottrae alla "ponderosa conversazione" di Antonio Labriola) e per gli occhi affascinanti di tre o quattro delegate russe: è un po' deluso, sulla strada del ritorno, quando l'amico Kugelmann gli consegna per il viaggio una bottiglia che sembra di vino rosso, ma che è in realtà una "mistura dolciastra", subito regalata, dopo la partenza, al controllore del treno. Resta così fedele a se stesso, sino all'ultimo, il vecchio Gener le, un uomo per natura e non per artificiosi apriorismi internazionalista, di cultura e temperamento cosmopolitici, egualitario e non differenzialista, viandante socialista e nomade senza patria perché in grado di trovare ovunque la propria patria.

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Conosci l'autore

Friedrich Engels

1820, Barmen

Friedrich Engels (Barmen, 1820 - Londra, 1895) è stato un filosofo, sociologo ed economista, compagno di avventure umane, intellettuali e politiche di Marx, con il quale firmò il Manifesto del partito comunista, La sacra famiglia e L’ideologia tedesca. Fu dirigente politico della Prima e della Seconda Internazionale. Ha scritto numerose opere, tra cui Dialettica della natura, Anti-Dühring, L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello stato.

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